09.07.2023
L’esposizione continua di adolescenti all’uso distorto delle tecnologie è sempre più una sfida complessa e difficile per le autorità nella società contemporanea. In crescita i dati che riguardano adolescenti responsabili di adescamento e diffusione di materiale pedopornografico.
L’infanzia ha il compito di accompagnare un bambino nella crescita e, in seguito, l’adolescenza di sperimentare la propria identità, inclusa quella sessuale. Come ogni percorso, questi in particolare riguardano fasi di estrema vulnerabilità che possono lasciare spazio a fenomeni di adescamento attraverso la Rete che, per quanto possa sembrare banale, è un luogo dove è facile cadere in trappola.
La forza attrattiva dei device, se non adeguatamente gestita, può incidere sui processi cognitivi, orientare le priorità e i valori personali. Nel tempo, a partire degli anni ’90, il rapporto degli utenti con il web è cambiato, scandito e modulato dalle opportunità offerte da servizi e strumenti tecnologici. Chat, blog, bacheche virtuali, file sharing, social network, App di instant messaging, piattaforme di gaming, consentono a chiunque di accedere anche dal proprio smartphone. Ogni minore diviene quindi facilmente raggiungibile da adulti con interessi sessuali.
Il piano di attacco percorre le tappe di un processo di manipolazione per carpire informazioni, intessere rapporti anche offline, per conquistare la fiducia del minore, entrando nell’intimità della sua vita fino a indurlo a esperienze di sesso online o anche ad avere un incontro di persona, salvaguardando un patto di segretezza in virtù dell’esclusività della propria relazione. Troppo spesso, la fiducia riposta nell’adescatore lascia il posto alle minacce che questi è in grado di infliggere alla propria vittima ormai in preda al controllo psicologico da parte dell’abusante. Gli investigatori, specie in modalità sotto copertura, intercettano ogni giorno le storie di abusanti e di vittime minorenni che ripercorrono sempre le stesse modalità.
Grazie all’esperienza emergente dalle indagini del Centro Nazionale per il Contrasto alla Pedopornografia Online della Polizia Postale e delle Comunicazioni, l’Italia ha fornito un contributo essenziale alla definizione di grooming, ovvero del reato di adescamento, riportato dalla Convenzione di Lanzarote nel 2007 e sottoscritta da 48 Paesi. Il nostro Paese, con la legge 172/2012 di ratifica della Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei bambini contro lo sfruttamento e gli abusi sessuali di Lanzarote, ha introdotto nel codice penale l’art. 609 undecies che definisce l’adescamento come «qualsiasi atto volto a carpire la fiducia di un minore di anni sedici per scopi sessuali, attraverso artifici, lusinghe o minacce posti in essere anche mediante internet o altre reti o mezzi di comunicazione».
La Rete continua a rivelare ogni parte più oscura dei costumi sessuali, ma nel fare ciò ha anche contribuito a “normalizzare” l’uso dello strumento tecnologico al servizio di abitudini e desideri erotici.
Nel tempo, tali devianze sono entrate anche nelle interazioni tra minori stessi, sempre più spesso a loro volta consumatori di rapporti sessuali tecno mediati.
L’esposizione continua di adolescenti all’uso distorto delle tecnologie, infatti, ha contribuito ad innescare il passaggio da potenziali vittime nell’opposto campo dei carnefici e sono sempre in crescita i dati che riguardano adolescenti responsabili di adescamento e diffusione di materiale pedopornografico. Questo il paradosso che costituisce ormai da tempo una nuova sfida da parte della società tutta, a cominciare dalla comunità educante.