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Esteri

Antisemitismo e terrorismo due facce della stessa medaglia

17.10.2023

Sinagoga a Williamsburg a New York.

«L’antisemitismo ci fa più paura del terrorismo»: il timore della Comunità ebraica di New York. Cosa pensa e come ha vissuto l’attacco, la più grande popolazione ebraica fuori Israele.

Dopo circa dieci giorni dall’attacco di Hamas contro Israele, New York resta in stato di allerta anche se al momento le autorità hanno escluso minacce credibili nei confronti della città o di obiettivi sensibili. Qui vive la più grande popolazione di ebrei al di fuori di Israele. La comunità ebraica, composta anche da molti italiani, non nasconde di temere attentati tuttavia rifiuta di nascondersi e va avanti a testa alta.

«Ci sentiamo fortunati ad essere qui rispetto ai nostri cari in Israele – ha commentato Carole Hallac, milanese trapiantata a New York da 22 anni – ci rassicura la presenza della polizia nelle diverse comunità ebraiche della città e in prossimità delle istituzioni o dei luoghi di culto. Tuttavia, devo dire che l’antisemitismo ci fa più paura del terrorismo. Si tratta di un fenomeno che è a livelli record negli Stati Uniti e molti ebrei sono oggetto di attacchi, sia fisici che sul web. Molti si sentono isolati. Le diverse manifestazioni a Times Square e nei campus universitari dove celebravano Hamas dopo gli attacchi del 7 ottobre non fanno altro che incitare all’odio e in noi hanno risvegliato qualcosa di molto cupo e allo stesso tempo anche tanta rabbia. Detto questo, noto che molti continuano a indossare il copricapo e simboli ebraici con orgoglio al contrario di diverse città europee, anche grazie al supporto inequivocabile sulla nostra sicurezza del sindaco Eric Adams. In confronto a situazioni passate, ho notato che molte persone hanno deciso di essere più vocali nella difesa di Israele e solidavi tra di loro».

Hallac ha paragonato l’attacco di Hamas ad un 11 settembre e le immagini della strage compiuta al rave party (il festival Supernova in corso nel sud di Israele, ndr) le sono sembrate uno scenario da fosse comuni, come i campi di concentramento. Gran parte della sua famiglia vive a Tel Aviv. Lei è preoccupata per loro e teme che non ci sia una soluzione a breve termine.
È preoccupata e teme attacchi terroristici anche Gianna Pontecorboli, di origini genovesi, scrittrice nonché ex corrispondente de L’Eco di Bergamo. «Sì, ho paura – ha detto – A New York c’è una grande comunità ebraica e può essere presa di mira. Non mi stupirebbe che Hamas tentasse di infiltrarsi attraverso la popolazione palestinese locale».

Parte della famiglia della Pontecorboli vive ad Ascalona (nel Negev occidentale, ndr), la città è finita sotto una pioggia di missili ed in particolare una sua cugina vive blindata in un rifugio costruito in casa. «Stanno vivendo molto male questa situazione – ha spiegato – e noi da qui condividiamo la loro preoccupazione e dolore, siamo tutti terrorizzati». Anche lei non vede spiragli di luce per una risoluzione immediata del conflitto.

A sua detta dietro ci sono diverse forze, prima di tutto l’Iran che non voleva l’accordo con l’Arabia Saudita.

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