09.08.2023
Le recenti dichiarazioni di Marcello De Angelis, portavoce del presidente della Regione Lazio Francesco Rocca, con le quali è stata sostenuta l’innocenza di Mambro, Fioravanti e Ciavardini hanno inevitabilmente sollevato un polverone di critiche. In particolare, veemente è stata la reazione di chi ha sottolineato che non può essere messa in discussione la matrice neofascista della strage di Bologna del 2 agosto 1980, ancora di più considerando che la penale responsabilità di Mambro, Fioravanti e Ciavardini è stata dichiarata con sentenza passata in giudicato.
Premesso l’assoluto e primario rispetto delle vittime e dei loro familiari, le dichiarazioni di De Angelis ripropongono un grande problema di fondo: esiste un diritto di critica dei provvedimenti giudiziari oppure una volta passata in giudicato una sentenza non può più essere oggetto di discussione? In virtù dell’art.106, la nostra Costituzione ha voluto una magistratura professionale la cui legittimazione democratica, a differenza della politica, deriva dalla comprensibilità delle sue decisioni e non dal consenso della piazza e quindi del popolo.
Come riconosciuto dalla stessa magistratura associata, a tutti deve essere garantito il diritto di criticare i provvedimenti giudiziari anche quando si tratti di sentenze passate in giudicato purché lo stesso non trasmodi in contumelie e/o gratuite offese alle persone dei giudici.
Pertanto, tale diritto non può mai essere messo in discussione nemmeno nei confronti di quelle sentenze che, come nel caso della strage di Bologna, rappresentano uno spartiacque nella vita giudiziaria del Paese, ma ad una precisa condizione: che si tratti di una argomentazione il più possibile documentata come tale finalizzata a costituire un esercizio di democrazia. Un esempio? La lettura di una recente intervista dell’avv. Davide Steccanella al quotidiano l’Unità dove vengono argomentate le ragioni per cui dal punto di vista tecnico-giuridico le condanne nei confronti di Mambro, Fioravanti e Ciavardini presentano elementi di criticità.