18.07.2024
Caos, potere, punizione: dal Vecchio al Nuovo Testamento il mare è un tripudio di simbologie. Il professor Flavio Dalla Vecchia, direttore dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose dell’Università Cattolica di Brescia dal 2017, spiega il ruolo del mare nella Bibbia.
Per i Fenici il mare era luogo navigabile, portatore di infinite ricchezze e conquiste. Diversamente la pensavano i contadini e i pastori della Giudea, che vivevano grazie all’acqua piovana o delle sorgenti: il mare, jam in ebraico, era per loro lo spazio degli altri, popolato da mostri. Un’entità negativa nettamente separata dalla terra. Tant’è vero che nei Proverbi, libro dell’Antico Testamento è scritto che Dio pone un limite tra terra e mare: «Quando stabiliva al mare i suoi confini sicché le sue acque non oltrepassassero la spiaggia io ero con lui». Dimensione spaventosa, misteriosa e caotica. Di certo poco adatta all’uomo ma all’origine di miti e leggende, alcune scritte nella Bibbia e mal raccontate dai film. Il Diluvio Universale, derivante dalla mitologia babilonese, è l’esempio più eclatante: «Nella Genesi non c’è traccia di acqua marina – spiega Dalla Vecchia, professore a contratto di Lingua e Letteratura ebraica presso l’Università Cattolica di Milano –. L’arca di Noè non naviga sul mare ma si trova circondata dall’acqua del cielo, per questo è molto più probabile che il racconto biblico sia collocato in una pianura alluvionale».
Professor Dalla Vecchia, Qual è il ruolo del mare nelle Sacre Scritture?
«Bisogna partire dal considerare che il mare non è uno degli elementi centrali della creazione. Nella Genesi, ad esempio, troviamo l’acqua del cielo e della terra, mentre il mare, nella concezione di chi ha scritto l’episodio della creazione è uno spazio a parte su cui Dio ha potere: questo è l’aspetto più interessante».
In che modo Dio esercita il suo potere sul mare secondo la Bibbia?
«Dio delimita il mare, impedendo all’acqua salata di invadere la terra rendendola infeconda. La superficie marina diventa così personificazione del male, un luogo terrificante popolato da mostri a partire dall’Apocalisse dove troviamo una bestia marina che risale dall’abisso per distruggere la terra. Ci sono poi il Leviatan, una specie di coccodrillo gigante; Behemot, una sorta di ippopotamo spaventoso e Rahab, mostruoso cetaceo. Dio ha il potere di dominare tutti questi esseri. Non solo: nella Bibbia viene scritto che Dio crea il Levitian per giocare con lui lottando».
Da cosa deriva tale visione negativa del mare?
«La Bibbia nasce in un contesto in cui Dio è colui che fa piovere, una figura positiva che dona nutrimento al pianeta e agli uomini. D’altro canto, i racconti della creazione trovati a Siria mostrano che il mare è l’acqua che impedisce la fertilità. Allora, al Dio della vita viene contrapposto il mare. Se Dio è all’origine di tutto, il mare esiste come dimensione fisica su cui il Creatore esercita il proprio potere, delimitandola».
Se il mare è il male, perché a un certo punto diventa la via della salvezza?
«Nella Bibbia il mare non ha alcuna funzione benefica ed è soggetto al potere divino. Ecco perché nell’Esodo Dio trasforma il mare, dove la vita umana non è possibile, in un luogo in cui il suo popolo può transitare in libertà. Lo divide in due pareti in cui passare completamente asciutti. Troviamo un altro episodio fondamentale nel Nuovo Testamento: Gesù è in grado di fermare la tempesta e di camminare sul mare di Galilea. Anche in questo caso ciò che minaccia l’esistenza è dominato da Dio».