19.08.2023

Arrivano nuove speranze nel contrasto al morbo di Alzheimer, considerato una delle più diffuse e spietate malattie legate alla senilità. Lo studio ha provato un calo significativo dei depositi di amiloide nella corteccia cerebrale che è l’area responsabile dell’elaborazione del linguaggio.
Le ultime scoperte sul tema appaiono infatti decisamente promettenti, tanto da essere finite in una ricerca preliminare presentata al congresso dell’American Heart Association 2023 tenutosi a Boston dal 31 luglio al 3 agosto.
I ricercatori stanno infatti lavorando su un nuovo vaccino, il cui scopo è lavorare sulle cellule infiammate del cervello associate al morbo di Alzheimer. Il suo successo permetterebbe un livello maggiore di prevenzione e anche alcuni importanti cambiamenti nel decorso della patologia.
Il fulcro dello studio riguarda la glicoproteina associata alla senescenza (SAGP). I ricercatori dell’Università di Medicina della Juntendo a Tokyo, in Giappone, hanno quindi testato un vaccino sui topi, colpendo le cellule che sovraesprimono SAGP. Se già in passato avevano sviluppato un farmaco in grado di eliminare tali cellule, ora hanno deciso di passare a questo ulteriore stadio di sperimentazione sulla base di un altro studio. I cui risultati avevano dimostrato che le SAGP sono altamente espresse nelle cellule gliali di chi è affetto da Alzheimer.
L’autore principale della ricerca è Chieh-Lun Hsiao, che lavora al dipartimento di biologia e medicina cardiovascolare dell’Università della Juntendo. «Attualmente il morbo di Alzheimer è la causa del 50%-70% dei casi di demenza nel mondo – ha spiegato, come si legge sulle colonne dell’agenzia “AGI” – I risultati dei test che abbiamo effettuato sul nostro vaccino offrono una possibile via per prevenire o modificare la malattia. Ora la sfida diventerà ottenere risultati analoghi sugli esseri umani».
Un risultato promettente è rappresentato dall’ansia. Se infatti chi soffre di Alzheimer a uno stadio avanzato non riesce ad avere consapevolezza di ciò che accade intorno, i topi che hanno ricevuto il vaccino manifestavano questo particolare stato d’animo. E questo confermerebbe un miglioramento della malattia.
«Se il vaccino dimostrasse la propria efficacia anche sull’uomo, si potrebbero compiere importanti passi in avanti sul ritardo della progressione della malattia. Oppure, addirittura, prevenirne l’insorgenza», ha aggiunto Chieh-Lun Hsiao.
Si insisterà, quindi, sugli effetti benefici del vaccino SAGP. Intanto lo studio ha provato un calo significativo dei depositi di amiloide nei tessuti cerebrali che si trovano nella corteccia cerebrale (l’area responsabile dell’elaborazione del linguaggio). Importanti sono anche le riduzioni delle cellule astrocitarie (che nel cervello rappresentano il numero più rilevante di cellule gliali) e altre biomolecole infiammatorie, ma è particolarmente promettente la risposta comportamentale dei topi.
Quelli vaccinati reagivano infatti all’interno di un ambiente a labirinto con un livello di consapevolezza simile agli animali sani.