08.10.2023
Cinquemila razzi di Hamas contro Israele, seguiti da un attacco di terra che ha sfondato il muro di confine nei pressi di Sderot e portato morte e distruzione nel paese ebraico. I quattro punti di Gregory Alegi.
Oltre alle centinaia di morti e feriti, bisogna registrare il probabile rapimento di numerosi israeliani trascinati nella zona di Gaza e destinati a servire da ostaggi e pedine di scambio. Israele sta riconquistando il terreno perduto ed eliminando le forze palestinesi infiltrate: un compito delicato sul quale è difficile avere informazioni precise.
Se la cronaca degli eventi continua a correre, si può tentare una prima analisi della convulsa giornata. Punto di partenza: la complessità dell’operazione. Coordinare razzi, incursioni e persino attacchi aerei (con i paramotori) dimostra un salto di qualità inatteso. Ma è solo una delle molte sorprese che hanno insanguinato questo sabato.
La seconda è la clamorosa distrazione dei servizi segreti israeliani (oltre al mitico Mossad, gli assai meno noti Shabak e Aman), che sembrano non aver avuto sentore di una preparazione necessariamente lunga e difficile. Come mai? Data l’enorme superiorità elettronica israeliana, bisogna immaginare che le comunicazioni palestinesi si siano svolte con i “pizzini” cari alla criminalità organizzata. ma è chiaro che questo non basta a spiegare la totale sorpresa. Sul clamoroso errore potrebbe aver influito anche il braccio di ferro di Netanyahu con i riservisti, che hanno un ruolo importante in diversi settori delle forze armate israeliane, tra cui appunto l’intelligence.
Terzo punto chiave è la presa di ostaggi. Per Israele ogni vita è sacra, e l’impegno di proteggere i propri cittadini viene prima di ogni altra cosa. Mai nei 75 anni di storia dello Stato ebraico decine di israeliani sono stati ostaggi simultaneamente delle forze palestinesi. Questo rende difficile immaginare la forma della reazione israeliana, costretta a restare in equilibrio tra reazione dura e tutela degli ostaggi. Colpire indiscriminatamente ne metterebbe a rischio la vita; non colpire darebbe a Hamas un senso di vittoria.
Quarto punto: l’attacco ha ricompattato Israele, tanto che già si parla di governo di unità nazionale. Senza aspettare la riunione del Consiglio di Sicurezza ONU, molti Paesi hanno già espresso solidarietà. Persino Biden, che certo non ama Netanyahu, si è espresso senza riserve per l’appoggio, anche con le armi.
Dalla reazione israeliana alla gestione degli ostaggi, gli sviluppi della situazione sono imprevedibili. Hamas potrebbe continuare gli attacchi fino a provocare una reazione estrema, oppure usare gli ostaggi per costringere gli israeliani a trattare.
L’attacco potrebbe restare contenuto sul fronte sud, oppure potrebbe saldarsi con una offensiva Hezbollah da nord. L’Arabia Saudita potrebbe interrompere le trattative in corso con Israele, oppure al contrario accelerarle, e così via. Tutto sta nel vedere quante mosse dell’eterna partita sullo scacchiere mediorientale Hamas ha saputo pianificare, ovvero quanto ha saputo andare oltre i mal di pancia per traguardare obbiettivi strategici.