10.10.2023
Il riscaldamento globale produce una sorta di “febbre”, che fa ammalare chilometri e chilometri di creature coralline, fondamentali per il nostro ecosistema.
Tra le specie viventi che più stanno pagando il prezzo dell’inquinamento incontrollato ce n’è una di cui si parla fin troppo poco, ma la cui sopravvivenza è messa sempre più a repentaglio dal comportamento superficiale e spesso irresponsabile dell’uomo. Stiamo parlando dei coralli, che il riscaldamento globale sta seriamente rischiando di fare “ammalare” e poi morire.
Questa la denuncia dell’Iniziativa Internazionale per le Barriere Coralline (ICRI), che unisce un centinaio tra Paesi e organizzazioni e che ha stanziato un ricchissimo piano per la salvaguardia di circa 125 mila km quadrati di coralli. L’obiettivo è tanto importante quanto ambizioso: raccogliere 12 miliardi di dollari per mettere al sicuro questa immensa mole di corallo entro il 2030.
Per capire i motivi della missione non si può che partire dall’importanza dei coralli per il nostro Pianeta. Questi piccoli animali invertebrati marini (si tratta di minuscoli polipi, singoli o più spesso radunati in vere colonie) innanzitutto aiutano a proteggere le coste dall’erosione e dai danni provocati dalle onde. In più svolgono un ruolo di tutto rilievo nel ciclo e lo stoccaggio del carbonio. E questo è fondamentale per limitare l’accumulo di gas serra nell’atmosfera.
Il problema è che i coralli sono anche piuttosto fragili. Nel momento in cui la temperatura delle acque in cui vivono si alza anche solo di 2 gradi Celsius (e qui l’uomo ha non poche responsabilità) si verifica infatti il cosiddetto “sbiancamento”, un fenomeno che produce una sorta di “febbre” a danno dell’intera struttura del corallo. Che dapprima non è più in grado di produrre il nutrimento e, se la temperatura non torna ideale entro 2-3 giorni, espelle la sua alga simbiotica. Il risultato visivo è che il corallo perde il suo tipico colore rossastro, diventando appunto bianco, poi deperisce fino a “morire di fame”.
Una prospettiva devastante specie quando riguarda km e km di barriere coralline. Perciò gli Stati membri dell’ICRI (nelle cui acque vive il 75% del totale mondiale dei coralli) hanno istituito la Coral Reef Breakthrough, iniziativa che punta al recupero di queste creature fondamentali per la vita di “almeno un miliardo di persone”. E che, in più, hanno anche un valore per l’economia globale che si aggira intorno ai 9.900 miliardi di dollari l’anno.
Il doppio scopo è proteggere le barriere coralline esistenti e accelerare il recupero di quelle che il riscaldamento degli oceani ha falcidiato. Per farlo è necessario contrastare l’inquinamento, ma anche la pesca eccessiva e non sufficientemente regolamentata nei mari. In prima linea tra gli altri c’è l’Australia, nella cui James Cook University lavora Terry Hughes. «Le iniziative di recupero dei coralli sono partite. Avranno però efficacia molto limitata in assenza di specifiche politiche contro il riscaldamento globale, che vanno prese dai governi dei nostri Paesi», ha ammonito. «La crisi fa affrontata con urgenza. Per questo i nostri obiettivi sono scientifici, fattibili e misurabili», è stata invece l’analisi di Francis Staub, coordinatore globale dell’ICRI.