07.03.2024
Gino, papà di Giulia, decide di scrivere un libro che ha la forma di una lettera aperta a sua figlia, uccisa dall’ex fidanzato lo scorso novembre. La sua è una proposta di riflessione sul ruolo dei genitori, in cui si interroga sul suo essere padre.
«Tutto questo non è per me, è per Giulia, e per tutte le Giulie che potrebbero esserci ma che dobbiamo aiutare». Sono le prime parole pronunciate da Gino Cecchettin, in apertura della presentazione del libro “Cara Giulia. Quello che ho imparato da mia figlia”, avvenuta il 5 marzo al Teatro Verdi di Padova, contemporaneamente all’uscita del libro. Durante la presentazione sono intervenuti Marco Franzoso, scrittore veneziano e co-autore del libro, e Francesca Magro, Direttrice editoriale Rizzoli. Il libro è una lunga lettera rivolta da Gino alla figlia Giulia, uccisa dall’ex fidanzato lo scorso novembre. Di quel momento Gino ricorda il dolore, il “turbinio” provocato dalla notizia, ma ricorda anche l’immediato affetto ricevuto da tutti, dai parenti e amici, dai vicini, dagli estranei. E non si è mai tirato indietro, insieme alla figlia Elena ha trovato la forza, fin dall’inizio, di parlare del proprio dolore, con discrezione e dignità.
«A un certo punto ho capito che non era più solo la mia Giulia, la Giulia di Elena e di Davide, ma era diventata la Giulia di tutti». Con questa consapevolezza Gino Cecchettin ha iniziato a scrivere il libro, accompagnato da Marco Franzoso. La scelta di pubblicare un libro è nata dalla volontà di fissare su carta le parole, un messaggio che non vada perduto, che, quindi, possa rimanere ed essere costruttivo. «La letteratura può fare da ponte – ha spiegato Franzoso nel corso della presentazione – e di fronte alla violenza di genere, non ci sono uomini o donne, è una battaglia di civiltà, è di tutti». Nel libro si susseguono i ricordi della figlia, una celebrazione della sua semplicità e del suo essere amorevole, ci sono degli spazi dedicati al racconto della storia della loro famiglia, ma è anche qualcos’altro. In esso, Cecchettin riflette sul ruolo dei genitori, si interroga in prima persona sul suo essere padre, parla di ascolto e riconciliazione, lancia un appello rivolto alle famiglie, alle scuole e alla società tutta.
Come era già stato dichiarato in precedenza, i ricavi del libro saranno impiegati nella realizzazione di una Fondazione per la lotta alla violenza di genere. Durante la presentazione, Cecchettin ha raccontato che l’idea di dare vita a una Fondazione è arrivata in realtà molto presto. «Dopo la morte di Giulia è nato il bisogno di fare qualcosa di concreto, ma da solo si fa ben poco, così ho chiesto aiuto a chi ne sa più di me». L’impegno è di realizzare qualcosa di inclusivo e diffuso, che coinvolga «le Istituzioni, le Regioni, le Università, gli ordini dei professionisti». Tanti aspetti sono ancora da definire, ma si stima che la Fondazione potrebbe essere attiva tra l’estate e l’autunno di quest’anno, e i piani d’azione sono già stati individuati. Le attività previste riguardano il supporto ad altre fondazioni presenti sul territorio e impegnate nella lotta ai femmicidi e alla violenza di genere, l’attivazione di borse di studio, la realizzazione di attività di formazione, di cui si occuperà un team di specialisti, che lavorerà con le scuole per la creazione di incontri educativi atti a contrastare la violenza di genere. Per il futuro c’è anche il desiderio di creare delle case rifugio.