22.05.2024
Il 40,5% del loro totale nel nostro Paese supera le 49 ore lavorative a settimana. Un numero colossale, quasi il doppio rispetto ai dati dei Paesi che ci circondano. Lavoratori autonomi e figure dirigenziali sono le categorie che determinano un divario così netto tra Italia e media europea.
Pigri, fannulloni, indolenti, bamboccioni, mammoni, “choosy”. Sono tanti gli epiteti che, nel corso del tempo, gli italiani si sono visti appioppare in analisi più o meno fondate riguardo al loro rapporto con il lavoro. Eppure i numeri vanno nella direzione opposta, ribaltando il radicato luogo comune e tracciando il profilo di un popolo particolarmente stakanovista. In particolare, nel confronto con quelli che lo circondano nel resto d’Europa.
Lo spiega nientemeno che Eurostat, secondo i cui dati gli italiani di età compresa tra 20 e 64 anni che arrivano a lavorare, in media, 49 ore a settimana sono il 10% del totale. Questa cifra è nettamente superiore alla media europea (7,1%) e, nello specifico, ci pone alle spalle delle sole Grecia (11,6%), Cipro (10,4%) e Francia (10,1%). Significa anche che in Italia si lavora circa un intero giorno in più ogni settimana rispetto a quanto avviene in generale in Ue. Basti passare in rassegna le percentuali più basse: Bulgaria (0,4%), Lituania e Lettonia (entrambe 1,1%).
Una spiegazione di questi numeri è fornita dalla diffusione in Italia del lavoro autonomo, il cui 29,3% è attivo per almeno 49 ore ogni settimana. Addirittura gli autonomi con dipendenti vedono schizzare questa percentuale al 46%, con la media Ue ferma al 41,7%. Mediamente superiori al resto del Continente anche i numeri relativi agli autonomi senza dipendenti (27,4% lungo lo Stivale, 23,6% nel resto d’Europa) e quelli che riguardano chi dà supporto all’attività di famiglia (20,1% contro 14%).
I nostri dati sono come visto mediamente superiori a quelli europei, e vale lo stesso per il mercato del lavoro femminile. Il confronto tra le donne italiane che lavorano almeno 49 ore a settimana e quelle degli altri Paesi Ue è del 5,1% contro il 3,8% continentale (che sale al 32,5% contro il 29,6%, concentrandosi sulle autonome con dipendenti). Gli uomini arrivano invece al 12,9% (a fronte del 9,9% in Ue) e se sono autonomi con dipendenti superano addirittura la metà del totale (50,8%), mentre il resto d’Europa si ferma al 46,3%.
Il disavanzo maggiore tra Italia e media Ue riguarda però i dirigenti. In questa categoria, coloro che nel nostro Paese superano le 49 ore lavorative a settimana rappresentano il 40,5% del totale, con il resto dell’Unione che si attesta a un ben più striminzito 21,9%. Parliamo dunque di un numero colossale: quasi il doppio rispetto ai dati dei Paesi che ci circondano. E la forbice è decisamente ampia (anche se in maniera meno prorompente) per i manager dipendenti: da noi arrivano al 24,4%, intorno a noi raggiungono solamente il 14,3%.
Lavoratori autonomi, quindi, e figure dirigenziali. Queste le categorie che determinano un divario così netto tra Italia e media europea visto che, se si analizzano invece i lavoratori dipendenti, le differenze precipitano. Basti pensare che in quest’ultimo ambito gli italiani che sforano il tetto delle 49 ore settimanali sono in media il 3,8% del totale. In tutta la Ue arrivano però a un ben più vicino 3,6%, che quindi ci «normalizza» rispetto ai nostri Paesi vicini. Una volta tanto.