19 Febbraio 2025
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Giustizia

Le riforme della giustizia tra prescrizioni e dintorni

03.11.2023

Ci risiamo. Per l’ennesima volta la disciplina sulla prescrizione viene nuovamente rivista dal legislatore. Tutto iniziò nel 2005, quando la oramai famosa legge ex Cirielli, che prendeva il nome dal suo originario proponente, si proponeva di limitare i termini di prescrizione dei reati individuando un momento rispetto al quale venisse meno l’interesse punitivo dello Stato.

Proseguì poi nel 2017, con il Ministro Orlando che, nel tentativo di allungare i tempi della prescrizione, si propose di individuare dei momenti in cui durante i giudizi di impugnazione i termini rimanessero sospesi. Nel 2019 è poi arrivato il Ministro Bonafede che, nell’ottica di evitare che si potessero dilatare a proprio piacimento i processi garantendo l’impunità dei presunti colpevoli, introdusse la tagliola della sentenza di primo grado: da quel momento il reato non si poteva più prescrivere. Nel 2022, la Ministra Cartabia introduce a sua volta un nuovo meccanismo per ovviare ai guasti della Bonafede.
Precisamente una tagliola processuale con l’evidente obiettivo di rendere improcedibile il reato ogni qual volte il giudizio di appello e quello di Cassazione non si fosse svolto entro i termini previsti rispettivamente di due e un anno.

Infine, siamo arrivati ai giorni nostri: le attuali forze di maggioranza, supportate da Azione e Italia Viva, hanno previsto l’abbandono della Cartabia, fortemente criticata da alcuni pubblici ministeri di punta, ripristinando fondamentalmente il meccanismo previsto dal Ministro Orlando. Insomma, un bel guazzabuglio capace di far venire un mal di testa agli operatori giuridici che dovranno conteggiare i termini di prescrizione dei reati. Ma che sottintende un diverso approccio ai temi della giustizia e del processo penale: garantisti da una parte e giustizialisti dall’altra. I primi ritengono che il processo penale sia di per sé un fardello per l’imputato, sia dal punto di vista personale che economico, ragion per cui lo Stato non può tenere imbrigliato un cittadino per tutta la vita nella sua vicenda giudiziaria dovendo individuare un momento in cui, se non è in grado di arrivare al pronunciamento di una sentenza, rinuncia al suo interesse punitivo.

I giustizialisti, invece, ritengono che non debba essere garantita l’impunità a chi si è macchiato di un reato a prescindere dalla durata di un singolo processo. Al di là di queste contrapposizioni, un dato emerge di fondo: la giustizia non può essere piegata ad interessi di parte perché in uno Stato di diritto chi deve venire prima di tutto è il cittadino al quale deve essere garantito un processo che possa funzionare con tempi certi e giudizi uniformi. Esattamente quello che chiede l’UE per dare piena attuazione al PNRR.

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