06.10.2023
Dirigenti d’azienda, uomini e donne, riconoscono sempre più il valore della leadership femminile per gli obiettivi di impresa. Eppure, proprio tra le donne, cresce la sfiducia nel raggiungimento futuro della parità di genere, non a caso uno dei progetti imprescindibili del PNRR e anche un obiettivo dell’Agenda Onu per il 2030.
Una delle battaglie centrali della nostra contemporaneità, tra quelle che riguardano il mondo del lavoro, è certamente quella legata all’equilibrio di genere e alla parità salariale. Non a caso rappresenta uno dei progetti imprescindibili del PNRR e anche un obiettivo dell’Agenda 2030 Onu per lo sviluppo sostenibile. Eppure, una ricerca certifica che a ritenere questo un sogno irrealizzabile, una chimera che non vedrà mai la luce, ci siano addirittura molte donne.
In particolare, lo scetticismo riguarda la possibilità che la fatidica parità di genere sia raggiunta nelle posizioni dirigenziali delle imprese italiane. Ebbene: secondo un’indagine curata da Ey – Swg, le stesse cittadine del nostro Paese che lavorano in azienda credono che questo risultato non arriverà mai (lo sostiene il 16-23% di loro, a seconda del ruolo ricoperto). Tra chi ritiene invece che si arriverà a questo equilibrio entro 10 anni, è netto il divario tra generi: se ne dice certo, infatti il 68% dei dirigenti uomini, mentre la percentuale delle dirigenti donne non supera il 32%.
Ey – Swg ha provato ad andare ancora più a fondo nella questione nella sua indagine “La leadership al femminile nel mondo del lavoro”, in cui ha chiesto la propria opinione sul ruolo delle donne nelle aziende italiane a oltre 700 tra manager e impiegate. E le loro risposte dimostrano non solo che gli annosi problemi di cui si discute da generazioni persistono, ma che forse stanno addirittura peggiorando. Tra le lavoratrici delle aziende, infatti, il 55% crede che il “gap salariale” nel proprio luogo di lavoro esista. E questo dato è cresciuto in un anno del 7%. Coloro che invece ritengono che le opportunità di carriera siano diverse a seconda del genere sono il 61% (+9% rispetto al 2022).
È in crescita anche il numero delle dirigenti che non ritengono che la loro azienda viva come priorità la crescita lavorativa delle donne: nel 2022 erano il 36%, nel frattempo sono diventate il 46%. Quest’ultimo aspetto è peraltro condiviso dai dirigenti uomini, saliti in un anno dal 49% a uno spaventoso 60%. In più le donne hanno denunciato di non sentirsi libere all’interno del contesto lavorativo, percepito invece come un vincolo (59%), ritengono che gli uomini lascino loro poco spazio (74%) e trovano che la loro crescita professionale sia ostacolata dall’impossibilità di poter conciliare la famiglia al lavoro (addirittura l’86%).
«La nostra analisi evidenzia che è salito del +19% il numero di dirigenti uomini e donne convinti che la leadership femminile permetta di raggiungere meglio gli obiettivi delle imprese. Una crescita così alta in un solo anno non si era mai vista. La percentuale di donne con ruoli dirigenziali resta però estremamente contenuta, visto che raggiunge solo il 43% nei CdA delle società italiane. E, soprattutto, che le presidenti sono solo il 4% e le amministratrici delegate il 2%», ha spiegato a Forbes la tax & law managing partner di Ey – Swg in Italia, Stefania Radoccia