9 Dicembre 2024
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Società

Lei “Il Presidente”, la versione del femminismo

Si è da poco celebrata la giornata europea per la parità retributiva (European equal pay day), ma il “gender gap” sottolinea anche un nuovo modo di vedere le donne, ora in piena battaglia per i loro diritti. Cosa significa infrangere le regole del passato a tutti i costi per un nuovo inizio?

Le visioni femministe restano molto contorte tra chi, ad esempio, vede una prima Premier donna che però tiene a farsi chiamare “Il Presidente” a dimostrazione del fatto che vale più di mille parole e tra chi invece la vede come la prima dei sostenitori del patriarcato. Così anche le passerelle di moda annoverano tra le ultime tendenze la cravatta donna per l’autunno-inverno 23/24, giacche over size che non strizzino la figura in maniera sexy e provocante. Dall’altra parte però alcune femministe ci tengono a denudarsi, al grido di «il corpo è mio e ci faccio quello che voglio».

Anche il cinema che da anni affronta la causa, contiene in sé una grossa confusione: la nostra Paola Cortellesi ad oggi domina gli incassi con C’è ancora domani che ha superato i 14 milioni di euro e i due milioni di spettatori, un facile parallelismo con Barbie versione italiana. Ma ecco che assistiamo contemporaneamente al Flop globale del kolossal femminista The Marvels: il declino dei supereroi.

E se da una parte andiamo tutti nella stessa direzione quando si parla di adeguare ruoli nelle istituzioni o lasciare che tutte le donne abbiano le stesse opportunità lavorative e salariali di un uomo, o di tutelare maggiormente la maternità, ci sono temi, più o meno frivoli, che non hanno pace. Ad esempio: “Il femminismo implica che un uomo non dovrebbe necessariamente pagare per una ragazza quando la porta fuori a cena?”; qui non avremo mai una risposta univoca e, anzi, fa discutere in questi giorni l’influencer femminista che non accetta che non le si paghi la cena quando esce con un uomo.

“Un’altra cena rovinata”, non è solo un dibattito pubblico, ma una vera e propria raccolta di saggi di Sara Ahmed, autrice, teorica e attivista femminista. La scrittrice parla di feminist killjoy, ovvero la “femminista guastafeste”: una figura che deriva da uno stereotipo, da un giudizio negativo per cui le femministe parlano solo di sessismo o molestie sessuali perché sono infelici e vogliono rovinare la felicità della famiglia e della nazione. Così la femminista si dice disposta a causare infelicità, anche se non è il vero scopo; il vero obiettivo è il cambiamento, dall’utilizzo di un linguaggio neutro o dal rispetto dei pronomi. Pensiamo alle onde di critiche a Giorgia Soleri, celebre ex fidanzata della rockstar Damiano dei Maneskin. Dai peli incolti sotto le ascelle alle sopracciglia al naturale, ha fatto della cura-non-cura un cavallo di battaglia.

E tutte le attrici che sfilano sui red carpet con capelli grigi, fino alla regina delle bagnine sexy Pamela Anderson che si è presentata completamente senza trucco e con meno uso di botulino e lifting. Così tra un diritto e una polemica la domanda resta la stessa: femministe lo si è a parole oppure lo si fa nei fatti?

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