30.01.2024
“Il destino dei due continenti non può essere che interconnesso”. Le parole della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni guidano l’Europa verso l’Africa. Bisogna parlare con l’Africa e non più dell’Africa, non più in termini caritatevoli e di sostegno, ma con la voglia di un riconoscimento e di straordinarie potenzialità di sviluppo. Istruzione e formazione saranno il primo passo.
È decisamente un bene sentir dire che si vuole parlare con l’Africa e non dell’Africa e che al diritto di emigrare, in modo lecito e non affidandosi alla tratta degli scafisti, bisogna anteporre l’impegno a eliminare la costrizione a emigrare. In fondo, se la Conferenza Italia-Africa, in passato svoltasi sempre a livello ministeriale, è diventata un Vertice, evidentemente ciò di cui si deve parlare attiene proprio ai rapporti con gli Stati africani. Non più, semmai c’è stato, un approccio caritatevole, ma il riconoscimento di straordinarie potenzialità di sviluppo.
Assumendo la Presidenza del G7, il governo Meloni ha messo sul tavolo un carico pesante nella partita con gli Stati dell’Unione, portandoli a ragionare sulle sinergie possibili tra Europa e Africa. Per riscrivere la storia e pensare a uno sviluppo binario occorre convincersi – come ha detto Giorgia Meloni nel suo discorso – che il destino dei due continenti non può essere che interconnesso. Solo, però, condividendo una vera strategia di lungo termine, non più costruita su una miriade di progetti disseminati a macchia di leopardo, che nel passato e finanche ai giorni nostri non hanno portato i benefici sperati. Ci sarà da isolare i tanti interessi che si ramificano nelle iniziative a sostegno dello sviluppo nel continente africano e redigere una rigorosa agenda che detti tempi e modalità. Appare già una scelta vincente la volontà di puntare innanzitutto su istruzione e formazione professionale, per garantire capacità e qualità delle competenze necessarie alla crescita socioeconomica. Questo perché – come ha ricordato la premier – l’Africa è il continente più giovane del mondo ed è sul capitale umano che bisogna puntare. È un vero controsenso che si debba fare i conti con la povertà laddove è racchiuso il 30% delle risorse minerarie del mondo insieme al 60% delle terre coltivabili. Perché dovrebbe risultare banale ricordarlo? Forse perché, nel frattempo, la Cina se n’è accorta e punta all’accaparramento, mentre l’Europa stanziale ha pensato ad arroccarsi in difesa delle poche risorse che si ritrova in casa o presumere di potere usare un passpartout all’abbisogna per bussare alle porte dell’Africa? Avere ribattezzato il progetto strategico italiano per l’Africa con il nome di Enrico Mattei è stata una scelta coraggiosa, destinata a impegnare oltremisura chi deve gestirne l’applicazione. Significa smontare lo Status Quo e dare uno scossone al surplace del vecchio continente, per affermare quel principio che animò tutta l’azione di Mattei, ovvero che “l’ingegno è vedere possibilità dove gli altri non ne vedono”.