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Esteri

Mille numeri da risolvere per Trump. La Georgia complica le cose

16.08.2023

Il quarto rinvio a giudizio, 18 complici e 41 capi d’accusa in 161 episodi elencati in 98 pagine, contro 11.780 voti da trovare per battere Jeo Biden. Sono numeri difficili da risolvere per Donald Trump prima del tempo. Riuscirà?

Da una parte, la richiesta di “trovare” 11.780 voti per battere Joe Biden in Georgia; dall’altra, il rinvio a giudizio di Donald Trump e 18 complici per 41 capi d’accusa sostanziati in 161 episodi elencati in 98 pagine. In mezzo, due anni e mezzo di indagini da parte della procuratrice Fani T. Willis. Sono questi numeri del nuovo rinvio a giudizio dell’ex presidente e futuro candidato repubblicano, deliberato dal gran giurì della Georgia in poco più di 36 ore. È il quarto e forse il più pericoloso di quelli finora arrivati, un po’ per la qualità dell’argomentazione e un po’ perché, in quanto statale, uneventuale condanna sarebbe al di fuori dei poteri di grazia presidenziali.

La data del processo non c’è ancora, ma al centro ci sono sempre i risultati delle elezioni 2020, che Trump non ha mai accettato e che, stando al materiale raccolto da Willis, tentò di ribaltare con minacce, false dichiarazioni, accesso illegale ai macchinari di voto e persino false assemblee di falsi grandi elettori con invio di false certificazioni dei risultati.

Al complotto (così si traduce in italiano la “conspiracy” inglese) parteciparono, oltre a Trump e ai suo collaboratori a livello nazionale, dal capo di gabinetto Mark Meadows agli avvocati Rudy Giuliani, John Eastman e Ken Chesebro, dirigenti e quadri del Partito Repubblicano della Georgia, che si prestarono alle assemblee e ne sottoscrissero i verbali, poi inviati a vari livelli dello stato della Georgia e persino al vice presidente Mike Pence per indurlo a non proclamare Biden.

Il linguaggio legale non impedisce al rinvio a giudizio di essere chiarissimo, con una catena che unisce il vertice non solo alla periferia della Georgia, ma anche a eventi analoghi in Arizona, Michigan, Pennsylvania e altri stati in bilico. Questo è inconsueto nei processi statali, ma è consentito dalla legge Racketeer-Influenced and Corrupt Organization (RICO, un’associazione a delinquere rinforzata) in vigore in Georgia.

Se è facile prevedere che gli avvocati di Trump daranno battaglia in nome della libertà di espressione sul significato dei tweet con i quali il presidente sconfitto incitava i suoi, sarà più difficile dimostrare la legittimità dello svolgimento di assemblee alternative per nominare grandi elettori repubblicani. Questa strategia, studiata da Eastman e Chesebro, era stata già bocciata in molti tribunali statali prima che Trump l’applicasse in Georgia, non si sa se per disperazione, cecità o perché mal consigliato.

L’ampiezza della rete del complotto complicherà non poco la difesa. Le accuse rivolte agli imputati minori, compresa la falsa testimonianza, sembrano piuttosto facili da dimostrare e potrebbero spingerli a cercare accordi con la procura, in cambio della testimonianza contro i pesci grossi.

Trump si è già scagliato contro la procuratrice, accusandola – in quanto nera – di razzismo contro di lui, bianco. Gli avvocati hanno tentato di far dichiarare inammissibile l’accusa, ma senza successo. La data del processo ancora non c’è, ma la sensazione di pericolo è forte.

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