18 Settembre 2024
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Società

Notiziari social e “phubbing”, il guaio socio-culturale che tormenta l’informazione

L’Italia si colloca terza a livello mondiale tra i Paesi che dipendono da piattaforme social come fonte di notizia. Molte testate si sono lanciate anche sui social e hanno fatto corsi di formazione per colpire al meglio. Il Parlamento canadese ha scelto di tutelarsi oscurando le notizie dei giornali da Facebook e Instagram per sostenere il settore dell’informazione.

I social network non vengono usati solo per pubblicare fotografie, video e contenuti sulla propria vita (o per spiare quella degli altri), servono anche per interagire su uno spazio virtuale e scoprire ciò che ci circonda velocemente e senza filtri. In questo senso le comunità online hanno rivoluzionato il modo di scoprire notizie. Fare lo scroll, ovvero quel movimento del pollice che scorre dal basso verso l’alto sullo schermo dei dispositivi touchscreen, per trovare le nuove notizie in bacheca, è diventato termine comune. Non solo: una vera sindrome è apparsa dato il numero di persone che ossessivamente consultano le notizie sul telefonino: il phubbing, (snobbare con lo smartphone). Spesso questo diventa un gesto automatico, del quale non ci rendiamo neanche più conto, che ci porta a non prendere in considerazione chi ci sta vicino, mancando di delicatezza.

Questa dipendenza da notizie in continuo aggiornamento è ormai un fenomeno diffuso, ma in principio era necessità, quella di trovare news, informazioni e approfondimento, poi è diventata dipendenza. Secondo i dati del Digital News Report, il nostro Paese si colloca al terzo posto su scala globale tra quelli in cui si utilizzano le piattaforme social come fonte di news. Bisogna prestare attenzione ovviamente alle fake news, che sono spesso congetture non verificate da fonti autorevoli e che non rispondono a regole giornalistiche. Poniamo l’esempio di pagine di denuncia che sovente riprendono in volto i delinquenti e ne denunciano i metodi, creando sdegno, alimentando talvolta una giustizia fai da te e onde di commenti di odio.

I giornali, on e offline, radio e tv sono sottoposti a responsabilità editoriali, a coinvolgere professionisti del mestiere, che hanno imparato a verificare i fatti, a rispettare la privacy, a conoscere le leggi. Molte testate si sono lanciate anche sui social e hanno fatto corsi di formazione per imparare ad usarli correttamente; poi ci sono anche coloro che si sono “fatti da sé”, che hanno molte visualizzazioni, ma che mancano di nozioni di base (anche perché sui social non ci sono ancora molte regole ben definite nel campo dell’informazione).

Per questo alcuni hanno scelto di tutelarsi: ad esempio il Parlamento canadese che farà sparire le notizie dei giornali da Facebook e Instagram per sostenere il settore dell’informazione.

In Italia le Professoresse social ci spiegano come imparare la matematica veloce e l’inglese su TikTok, i medici consigliano come curarsi con la dieta mediterranea e, sempre più spesso, l’educazione sessuale e affettiva si fa online. Troviamo politici che fanno proclami e religiosi che espandono la parola; modi alternativi, originali, semplici e moderni per andare dritti al punto con i followers, ma non bisogna scordare che è un dovere, ma anche un diritto, approfondire e analizzare temi e argomenti.

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