24.10.2023
È indubbio che negli ultimi giorni a dominare la scena sono state le parole con cui Giorgia Meloni ha annunciato la fine della sua relazione con il compagno Andrea Giambruno. Tuttavia, in una intervista rilasciata al Giornale per tracciare il bilancio annuale del primo anno di governo, ci sono state anche altre parole pronunciate dalla stessa Meloni che meritano di essere commentate. Il riferimento è a quanto detto sulla riforma della giustizia in relazione alla quale la Premier ha dichiarato di non volere alcun conflitto con la magistratura, ma allo stesso tempo di pensare a una riforma che possa rendere la giustizia più veloce, efficiente ed imparziale. Si tratta di parole che si contrappongono a quelle sostenute da esponenti del partito democratico nel corso di una conferenza stampa organizzata la settimana scorsa al Senato che hanno, invece, duramente attaccato la riforma Meloni sulla giustizia bollandola come pura ideologia dominata dalla volontà di attaccare la magistratura per il tramite del Ministro Nordio.
Si tratta di attacchi questi dell’opposizione quanto meno forzati poiché paiono trascurare che sul versante della velocità e della efficienza sono necessarie riforme urgenti ed attuali in quanto il PNRR ha assegnato all’Italia l’obiettivo di ridurre i tempi della giustizia del 25% entro il 2026.
E anche sul versante dei conflitti e della imparzialità della magistratura, gli attacchi dell’opposizione sembrano trascurare tutto quanto è avvenuto con riferimento alle recenti decisioni in materia di immigrazione in relazione alle quali l’opinione pubblica sembra essersi divisa in due tronconi: da un lato chi ritiene che la magistratura ideologizzata abbia invaso le sfere di competenza della politica in materia di immigrazione; dall’altro chi ritiene che i giudici abbiano regolarmente svolto il loro compito e che sia stata l’attuale maggioranza di governo ad attentare alla autonomia ed indipendenza della magistratura.
Sul punto ho già avuto modo di dire che esprimere le proprie idee e le proprie opinioni su temi politici come quello della immigrazione è legittimo anche quando a farlo sia un magistrato. Ma il tema diventa più complicato quando a giudicare su queste vicende siano coloro i quali, al di là dei post su facebook, facciano parte di raggruppamenti associativi che su quei temi si sono pubblicamente esposti, con convegni, comunicati, interviste, sostenendo posizioni antitetiche rispetto ad una parte politica.
Tutto questo mette seriamente in discussione il tema della imparzialità e dell’autonomia di giudizio poiché determina una commistione di ruolo tra la magistratura e la politica.
Al riguardo, valutando quanto accaduto prima al Consiglio Superiore della Magistratura e poi al’interno della Associazione Nazionali Magistrati a proposito della pratica a tutela della dott.ssa Apostolico anche una parte della magistratura sembra non sopportare più questa commistione di ruoli. Qualcosa sta cambiando. Sono tanti quei magistrati che non vogliono essere complici di una contrapposizione tra politica e magistratura dalla quale vogliono chiamarsi fuori. Ne è testimonianza il fatto che a rilasciare interviste contro il Ministro Nordio, il più delle volte al di fuori di ogni galateo istituzionale, sono solo e sempre toghe appartenenti ad una individuata area politica e per lo più magistrati in pensione. Nessuno ha più voglia di schierarsi apertamente contro “a prescindere” in tal modo confondendo il ruolo del magistrato con quello della opposizione politica.
Questa è la vera sfida interna alla magistratura: il coraggio del cambiamento.