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Rinaldo Sacchetti e i numeri della non sicurezza

03.05.2024

Laureato in Ingegneria meccanica, Rinaldo Sacchetti è ex Direttore tecnico ortopedico e della ricerca sperimentale presso INAIL (Istituto Nazionale Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro) ed ex Responsabile tecnico dell’area ricerca e formazione presso il Centro Protesi di Vigorso di Budrio.

Una protesi è il ricordo di una parte di noi persa per sempre o la prova di una possibilità ritrovata? In quarant’anni di carriera, Rinaldo Sacchetti si sarà sicuramente posto questa domanda. Non ci è dato sapere quale sia la risposta ma siamo certi che il lavoro dell’ingegnere è andato per oltre il progettare e costruire parti aggiuntivi di arti amputati. «Le persone reagiscono diversamente al dolore e agli infortuni: non è facile accettare una invalidità improvvisa o passare oltre al fatto che, magari, non si avrà più la vita di prima».

Il tema della sicurezza sul lavoro è attuale da sempre e in ogni epoca. Eppure, sembra sparire per poi tornare al centro del dibattito pubblico quando una persona muore sul lavorando il tema della sicurezza torna dirompente nel dibattito pubblico. La strage della stazione di Brandizzo del 30 agosto 2023, il crollo di una trave in un cantiere di via Mariti a Firenze del 26 febbraio 2024 e il disastro della centrale del lago di Suviana a Bargi. 5 morti nel primo e secondo episodio, sette nel terzo: in totale 17 vite che non ci sono più, altrettante famiglie devastate.

I numeri non mentono, non portano sentimenti ma possono generare sgomento. Secondo i dati elaborati da ANMIL (Associazione Nazionale fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro) su fonte INAIL in Italia, tra gennaio e febbraio 2024, sono stati 92.711 gli infortuni sul lavoro denunciati, 119 gli infortuni mortali e 14.099 le malattie professionali emerse. Se si comparano queste cifre con quelle relative allo stesso periodo del 2023 scopriamo che i numeri sono sempre in crescita: 86.483 gli infortuni denunciati, 100 le morti, 10.399 le malattie professionali. Per quanto riguarda i risultati regionale dell’anno in corso, la Lombardia conquista il primato dei decessi (27) e degli infortuni (18.386).

Fermo restando che una sola morte o un solo incidente in grado di causare una invalidità permanente è degno di suscitare rabbia e sbigottimento, questi numeri, non calati nel contesto delineano una realtà grave, ma diversa da quella che potrebbe sembrare. «Quello delle morti sul lavoro è un fenomeno antico e complesso, difficile da decifrare e da risolvere – dice l’ingegnere Rinaldo Sacchetti -. I dati elaborati da Anmil sono assoluti, ossia non calcolati in riferimento al numero dei reali occupati». Ci sono altri elementi che rendono meno trasparenti le dinamiche: «L’INAIL considera morti e incidenti sul lavoro sia quelli avvenute in loco, ad esempio in un cantiere, sia quelli nel tragitto di andata e di ritorno dal lavoro». I numeri e le percentuali spiegano solo una parte del fenomeno, tralasciando alcuni punti d’ombra. «Per indagare più a fondo la situazione, occorre comparare il numero dei morti con quello degli occupati» scoprendo aspetti singolari di un problema secolare.

In particolare, da una rielaborazione dei dati ISTAT e INAIL di Pagella Politica, emerge che dagli anni ’60 ad oggi «i morti sul lavoro sono diminuiti in rapporto al numero degli occupati, che è invece cresciuto nel tempo. Il calo delle morti è comunque rallentato negli ultimi anni». Le cifre diventano più piccole ma il problema rimane grande: «È il momento che gli enti preposti al controllo del rispetto delle norme relative alla sicurezza sul lavoro facciamo fronte comune, unendo le forze si otterrà un migliore risultato».

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