22.05.2024
Oltre a consumare le foreste amazzoniche, il riscaldamento globale risulta provocare un danno finanziario 6 volte più grave di quanto si pensasse. Ogni aumento di 1°C della temperatura globale si traduce in un significativo calo del 12% del Pil mondiale, e siamo già oltre. Analisi approfondite.
La crisi climatica sta devastando la foresta amazzonica, che fatica sempre più a riprendersi dai danni subiti nel corso del tempo. A dirlo è un nuovo studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, che ha segnalato che più di un terzo del “polmone verde” della Terra sta lottando per riprendersi dalla siccità. E oggi potrebbe trovarsi sulla soglia di un cambiamento irreversibile: nel corso degli ultimi 20 anni, infatti, questa foresta ha subito ben 4 periodi di siccità estremi, eventi che dovrebbero verificarsi “una volta in un secolo”.
I ricercatori che hanno condotto lo studio hanno esaminato le immagini satellitare dell’attività della vegetazione dal 2001 al 2019 e, analizzando decine di migliaia di pixel, ciascuno rappresentante un’area di 25 chilometri quadrati, gli scienziati hanno correlato i dati vegetazionali con le precipitazioni locali su base mensile. Risultati? Il 37% della vegetazione matura sta rallentando il suo recupero; in particolare, l’Amazzonia sud-orientale, pesantemente deforestata e degradata, è risultata più vulnerabile a un “evento di ribaltamento”, ossia un drastico declino verso uno stato più secco.
Ma gli effetti di questa crisi non sono solo ambientali, perché i danni si stanno ripercuotendo anche sul quadro economico, un quadro che, secondo una ricerca condotta dal National Bureau of Economic Research, è ancora più allarmante del previsto. In particolare, il danno finanziario provocato dal riscaldamento globale è 6 volte più grave quanto si pensasse in precedenza, e le proiezioni indicano che il mondo si sta dirigendo verso una diminuzione della ricchezza in modo coerente con il livello di perdite finanziarie tipiche di una guerra permanente.
In altri termini, un aumento di 1°C della temperatura globale si traduce in un significativo calo del 12% del Pil mondiale, una stima che supera di gran lunga le analisi precedenti. E con il mondo già riscaldato di oltre 1°C rispetto all’epoca preindustriale e con previsioni di un aumento fino a 3°C entro la fine del secolo, gli esperti avvertono che i costi economici saranno enormi. Ancora, anche di fronte a tagli significativi alle emissioni, il prezzo da pagare sarà pesante: pur mantenendo il riscaldamento globale entro i limiti concordati di poco più di 1,5°C entro la fine del secolo, le perdite del Pil rimarrebbero intorno al 15%.
E dunque ci troviamo di fronte a uno scenario che mette in evidenza la necessità di azioni urgenti per ridurre le emissioni di carbonio e limitare il riscaldamento globale. In questo scenario, i Paesi più colpiti saranno quelli a basso reddito: un dato, questo, che sottolinea l’importanza per le nazioni più ricche di agire tempestivamente per ridurre le emissioni di gas serra, per tutelare non solo l’ambiente, ma anche il proprio interesse economico.