25.05.2024
«Sarebbe bello, mi piace tanto». È arrivato il bel giorno che a Papa Francesco sarebbe piaciuto dedicare alla creatura del bimbo, mantenendo la promessa fatta ai fanciulli che hanno espresso il desiderio di avere un giorno sociale. Povertà, disuguaglianza economica e sociale restano un’incognita universale da debellare a loro favore.
Essere come bambini significa recuperare quella spontaneità del sentire e delle sue manifestazioni che spesso gli adulti celano, ponendosi su piani comunicativi e relazionali strategici. Ecco perché, ad ogni età, ci può colpire un sorriso sincero e perché la nostra capacità riflessiva ci fa sorprendere di un nostro gesto “naturale”, nei confronti di una persona che comprendiamo di “amare”, dopo averlo compiuto.
Impariamo dal “saper fare”. Una dimensione, quella della pratica che supera il pensiero, conosciuta in ambito antropologico e che si addice alla necessità di comunione fraterna, profonda nella Chiesa, oltre che nella società. Papa Francesco ha annunciato la prima Giornata Mondiale dei Bambini del 25 e 26 maggio, celebrata a Roma e in tutte le diocesi italiane, quasi per misurare la forza e la plasticità di una sua stessa necessità. «Sarebbe bello, mi piace tanto» ha risposto in un dialogo con dei bimbi che domandavano se ci sarebbe stato questo giorno. La gioia dei bambini è contagiosa e stimola a vivere nella corretta postura ogni relazione familiare, fraterna e tutte quelle situazioni e condizioni dell’esistenza in cui è richiesto uno sforzo maggiore rispetto al giudizio dovuto all’apparenza, alle prospettive, ad una conoscenza superficiale. La condizione dell’infanzia è, tuttavia, per sua stessa natura, una condizione di fragilità alla quale far fronte con estrema consapevolezza e concretezza. Il valore centrale resta quello dell’educazione, un processo che, come fanno notare gli esperti, lavora nel tempo, è soggettivo, influenzato dai contesti familiari, sociali e culturali. Il processo educativo non riguarda un solo aspetto della formazione umana, ma tutti quelli tra loro interconnessi. Ciò, nella consapevolezza, proveniente da quel prezioso capitale intellettuale definito “postmodernista” e legato all’incapacità dell’economia politica contemporanea di spiegare la complessità del sistema in cui siamo immersi, che ogni “campo” di azione, oltre che di ricerca, è multisituato, ovvero ne contiene potenzialmente altri. Basti pensare al ruolo dei media, di internet, degli esponenziali scambi di facoltà e principi intellettuali derivanti dal contesto attuale. Alla base dell’educazione c’è il riconoscimento del ruolo che educatori, educatrici, insegnanti, familiari svolgono nello sviluppo dell’Io competente, autonomo.
Pensare ai bambini è affrontare la tragicità delle condizioni in cui versa il 30 per cento di quelli africani, con problemi di malnutrizione cronica e, nel 6 per cento dei casi, acuta. Uno degli effetti è il mancato sviluppo cognitivo. La povertà, la disuguaglianza economica e sociale non favoriscono le condizioni minime per una sopravvivenza che li ponga a livelli di sintesi di soluzioni educative così elaborate e dignitose. Conflitti e crisi ecologica minacciano quotidianamente le persone nelle aree che consideriamo più remote del mondo, ma anche l’intero pianeta. Che ogni giorno, per tutti, sia la giornata del bambino.