Il 2025 è stato un anno record per il carbone. Secondo l’edizione 2025 del rapporto annuale su questa fonte realizzato dall’Agenzia Internazionale dell’Energia (Iea), nel 2025 il consumo di carbone raggiungerà il nuovo record di 8,85 miliardi di tonnellate, pari ad una crescita dello 0,5%, che segue all’aumento dell’1,5% dell’anno precedente.
Nonostante sia considerato unanimemente la fonte energetica più inquinante anche da un punto di vista climatico, il carbone ha visto continuamente crescere la capacità installata che era di poco superiore a 1.000 GW nel 2000, è salita a 1.916 GW nel 2015, anno della conferenza di Parigi e da allora è cresciuta (grazie soprattutto alla domanda cinese) di altri 259 GW fino agli attuali (dati fine 2024) 2.175 GW.
In 6 anni passerà dal 35% al 27%
Ma il suo ciclo mostra però i primi segni del declino. La capacità installata a carbone rimane elevata, ma con un calo dei tempi medi di utilizzo in quanto i programmi di retrofit consentono un funzionamento minimo più basso e un aumento più rapido per integrare le rinnovabili variabili. “Questi cambiamenti”, sostiene IEA, “sottolineano che il carbone rimane essenziale per l’affidabilità in diverse regioni, ma il suo ruolo operativo è sempre più disaccoppiato dalla produzione di energia mentre la crescita dell’energia pulita accelera. La sua quota nel mix elettrico scenderà dal 35% nel 2024 al 27% nel 2030“.
Nel frattempo il carbone ha messo a segno un 2025 destinato ad entrare negli annali. “La domanda globale di carbone nel 2024 ha raggiunto 8.805 Mt, con un aumento dell’1,5% rispetto all’anno precedente. Per il 2025 – prosegue lo studio – la domanda globale di carbone dovrebbe raggiungere 8.845 Mt, stabilendo un nuovo record. L’aumento di circa 40 Mt rispetto al 2024 è molto simile alle previsioni che abbiamo fatto l’anno scorso”.
Il driver è a Pechino
E il driver è ancora a Pechino. La Cina infatti consuma il 30% di carbone in più rispetto al resto del mondo messo insieme. Produce anche più carbone di tutti gli altri Paesi messi insieme ed è il più grande importatore del mondo. Questo dominio da parte di un singolo Paese rende i mercati globali del carbone molto dipendenti dagli sviluppi in Cina, in particolare quelli legati alla crescita economica, alle politiche governative, ai mercati energetici, alle condizioni meteorologiche e alle dinamiche nel settore del carbone interno cinese. “Nel 2025”, rileva IEA, “il consumo di carbone della Cina è rimasto stabile a 4.953 milioni di tonnellate. Le nostre previsioni vedono la domanda di carbone in Cina diminuire leggermente nei prossimi cinque anni, ma il calo è lento (meno dell’1% annuo in media)”.
IEA sottolinea che nel 2025 ci sono state “alcune tendenze regionali inattese, che hanno avuto l’effetto di cancellarsi a vicenda”. Gli Stati Uniti hanno registrato un aumento del consumo di circa 37 Mt, sostenuti da misure politiche e prezzi del gas più elevati. Uno sviluppo notevole nei mercati del carbone 2025 è stato infatti l’emergere di “un forte sostegno politico al carbone negli Stati Uniti, che ha contribuito a sollevare la domanda di carbone nel 2025”.
Il ruolo di Trump
Il famoso big beautiful coal di Donald Trump. Che ha attuato senza imbarazzi politiche apertamente pro carbone: sono state adottate diverse misure per sostenere sia l’offerta che il lato della domanda, che includono esenzioni ambientali che consentono ad alcune centrali a carbone di continuare a funzionare, una riduzione del tasso di royalty per l’estrazione del carbone sulle terre federali e il sostegno per il retrofit delle centrali a carbone. Ma questo non bloccherà il declino anche in America.
“Secondo le nostre previsioni”, sottolinea il rapporto, “la domanda di carbone degli Stati Uniti diminuirà del 6% all’anno in media fino al 2030, sulla base della continua crescita della capacità di generazione rinnovabile e della continuazione dei pensionamenti delle centrali a carbone, anche se a un ritmo più lento di quanto previsto in precedenza. Tuttavia, il tasso di declino dell’uso del carbone negli Stati Uniti potrebbe essere più lento se la domanda di elettricità sarà più alta del previsto o se i pensionamenti delle centrali a carbone si bloccheranno”.
Altra tendenza inattesa quella registrata nell’Unione Europea dove il calo della domanda di carbone è rallentato: la minore produzione idroelettrica ed eolica ha spinto verso l’alto la produzione di energia da carbone nella prima metà dell’anno. Di conseguenza, la domanda di carbone dell’UE è destinata a diminuire solo del 2% nel 2025, un calo molto inferiore rispetto ai cali a due cifre nel 2023 e nel 2024. E anche se l’India è stata il motore della crescita negli ultimi anni, nel 2025 la sua domanda di carbone è stata in calo.
La prospettiva al 2030
Ma è un calo che non deve ingannare. “La crescita quantitativamente più consistente del consumo di carbone da qui al 2030 dovrebbe infatti avvenire proprio in India, dove si prevede che la domanda salirà del 3% all’anno in media, portando a un aumento cumulativo di oltre 200 milioni di tonnellate (Mt). Nel frattempo, la crescita percentualmente più rapida dovrebbe avvenire nel sud-est asiatico, dove si prevede che la domanda di carbone crescerà di oltre il 4% all’anno fino al 2030”.
Adesso però la domanda globale si avvicina al picco, che dovrebbe essere raggiunto tra quest’anno e il 2027: non è escluso che sia proprio il 2025 a registrare il dato record, nell’ambito di un “plateau” dal quale il carbone lentamente declinerà alla fine del decennio. “Nel periodo al 2030”, osserva IEA, “si prevede che la domanda globale di carbone continuerà il suo plateau, anche se in lieve calo entro la fine del decennio. Secondo le nostre previsioni, la domanda globale di carbone nel 2030 dovrebbe raggiungere il livello visto negli anni precedenti al 2023. La quota della Cina rimane dominante, anche se la sua domanda di carbone si appiattisce mentre le rinnovabili si espandono e il ruolo del carbone nel settore energetico si sposta verso la flessibilità. L’India emerge come la principale fonte di domanda incrementale, aggiungendo 225 Mt dal 2025 al 2030, mentre i Paesi dell’Asean (Association of Southeast Asian Nations) contribuiscono con 127 Mt, guidati dall’Indonesia e dal Vietnam. Al contrario, l’Unione Europea e gli Stati Uniti registrano ulteriori cali rispettivamente di 153 Mt e 106 Mt, poiché le politiche di eliminazione graduale e il passaggio al carburante accelerano. Nel resto del mondo la domanda di carbone diminuisce di 179 Mt, riflettendo le tendenze miste in Africa, Asia meridionale (esclusa l’India) e altri mercati emergenti”.
L’uso per l’industria chimica
Il carbone ha però molti utilizzi, oltre alla produzione di energia o l’uso nelle acciaierie. C’è anche l’utilizzo del carbone per la produzione di sostanze chimiche industriali, che rilascia ancora più gas serra rispetto alla combustione del carbone per la produzione di energia, e nonostante ciò, questa pratica è in aumento. Secondo l’ultima edizione della Global Coal Exit List (GCEL), un database creato da quasi 50 organizzazioni non governative, tra cui Urgewald, un gruppo ambientalista tedesco, il numero di nuovi impianti chimici a base di carbone in fase di progettazione è quasi raddoppiato nell’ultimo anno, raggiungendo quota 47.
In genere, il carbone viene convertito in prodotti chimici come urea, ammoniaca, metanolo e olefine mediante un processo iniziale di gassificazione. Dei 47 impianti chimici a carbone identificati, 21 saranno costruiti in Cina. Nel 2024, il 7% del carbone utilizzato dalla Cina, il più grande consumatore mondiale di carbone, è stato convertito in prodotti chimici, secondo il rapporto. L’India è al secondo posto per quanto riguarda l’espansione della capacità di conversione del carbone in prodotti chimici, con 14 impianti in fase di progettazione, incoraggiata dai sussidi alla gassificazione del carbone. L’Indonesia prevede di costruire 6 impianti, il Kazakistan 3, il Botswana 2 e il Pakistan 1.
Come dire, il carbone ha mille vite e tutte portano all’aumento di CO2 in atmosfera.
