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Cronaca

5G, un Treno ad alta velocità che riparte dalla Cina

07.11.2023

Il mercato del 5G rallenta in tutto il mondo. La rete che doveva trasportarci nel futuro è rimasta sui binari di una volta. Danni comunicativi, finanziari ed economici in Europa vanno a vantaggio di Pechino che rilancia mostrando al mondo uno Huawei dotato di chip 5G fatto in casa e vuole raggiungere 3 milioni stazioni di nuova generazione entro giugno.

“L’alta velocità arriva sul binario 5G” c’è scritto su una pubblicità in stazione. Immaginate allora di essere su quel treno, un mezzo del futuro che però è costretto a fermarsi in stazioni che ancora lo costringono a rallentare. Ecco, l’esempio è questo, e il risultato è che dopo tanti anni in cui sentite che la rete di nuova generazione esiste, ancora si viaggia a rilento.

Il danno ormai è fatto: comunicativo, perché dopo almeno 5 anni in cui i produttori di dispositivi esaltano il 5G come motivo per comprare i loro prodotti, quel motivo ancora non c’è; e finanziario, perché chi ha investito in questo progetto ora è costretto a fare i conti, economici e no, con la realtà. Nokia, per esempio.

L’azienda finlandese, che dopo aver venduto il ramo smartphone a Motorola si è concentrata su servizi e infrastrutture, ha annunciato qualche giorno fa il taglio fino a 14.000 posti di lavoro, ovvero un sesto circa del totale dei dipendenti, a causa di un “mercato più debole”. In sintesi, si tratta di un taglio di 400 milioni di euro di costi solo nel 2024 e di 1,2 miliardi entro la fine del 2026. L’annuncio è arrivato nello stesso giorno in cui la società ha riportato risultati peggiori del previsto: le vendite del terzo trimestre sono diminuite del 15% rispetto allo stesso quarter del 2022, e le vendite di reti mobili sono diminuite del 19%. Il motivo? Europa a parte, il mercato del 5G rallenta anche in India, tendenza confermata anche dalla rivale Ericsson.

Ecco, dunque, la realtà: la rete che doveva trasportarci nel futuro è rimasta sui binari di una volta, ed ora l’Occidente si è accorta che la messa al bando di Huawei dell’amministrazione Trump, poi confermata da Joe Biden, ha provocato un contraccolpo finanziario su tutti gli alleati. Convinti che anche qui da noi ci fossero le strutture per coprire la mancanza della rete cinese, ma che poi – nel momento dell’ennesima crisi provocata dalla guerra in Ucraina – ha visto l’Europa costretta ad ammettere che ci sono ostacoli difficili da superare, anche per le big del settore.

Nel frattempo Huawei ha mostrato al mondo uno smartphone dotato di chip 5G fatto in casa, nonostante i divieti di collaborazione con le aziende americane. E Pechino ha annunciato di aver raggiunto il numero di 3 milioni di stazioni di nuova generazione per la rete veloce a giugno, in netto anticipo rispetto all’obiettivo fissato dal ministero dell’Industria e dell’Information Technology.

Questo vuol dire che gli smartphone abilitati e connessi al 5G sono ormai quasi 700 milioni, mentre gli utenti di terminali dell’Internet of Things collegati alla rete cinese superano ampiamente i 2 miliardi. I numeri, in pratica, non mentono: mentre le infrastrutture di Huawei e Zte continuano a moltiplicarsi, qui invece si fa i conti con la crisi di un sistema – quello delle comunicazioni – che non regge, tra tariffe troppo basse (che non coprono i costi) e mancanza di investimenti. E il treno 5G resta solo una bella pubblicità.

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