Una volta ti allacciavi la cintura quasi solo per decollo e atterraggio, il resto del tempo a sorseggiare succo d’arancia e a leggere, in una bolla di serenità. Oggi quella bolla si è incrinata. La crisi climatica non colpisce solo le città, i ghiacciai e le foreste tropicali: scuote anche i voli. Letteralmente.
L’atmosfera si sta scaldando, e quindicambiano i venti di alta quota. Il getto d’aria, quella sorta di autostrada invisibile che guida i voli intercontinentali, non è più lineare e prevedibile come un tempo. Le sue curve si fanno più brusche, i suoi sbalzi di velocità più repentini. Il risultato? L’aereo, anche quando il cielo è limpido, comincia a ballare.
Le turbolenze d’aria chiara – quelle che arrivano senza nuvole a segnalare pericolo – stanno diventando più frequenti e più violente. I piloti le temono perché non appaiono ai radar, i passeggeri le odiano perché rovesciano bibite e stomaci. Non servono lampi, né temporali. Basta un’atmosfera surriscaldata e disordinata per trasformare un volo di routine in una corsa sulle montagne russe.
Un effetto collaterale
È un effetto collaterale poco raccontato ma sempre più documentato. Gli studiosi dell’Università di Reading, nel Regno Unito, hanno calcolato che la turbolenza severa sull’Atlantico del Nord è già aumentata di oltre il 50% rispetto agli anni Ottanta. E non serve immaginare un futuro lontano: ogni settimana arrivano segnalazioni di voli deviati o di passeggeri feriti per colpa dell’“aria impazzita”. Nel frattempo, il riscaldamento globale continua a spingere l’atmosfera verso livelli di energia sempre più alti: e più energia significa più movimento, più instabilità, più scossoni.
Dunque il volo, simbolo della modernità e della libertà di muoversi, sta diventando uno dei campi in cui il cambiamento climatico si sente di più. Mentre a terra si parla di mare che si alza e di ondate di calore, sopra le nostre teste si combatte una battaglia tra piloti e venti che non si lasciano più domare. Gli equipaggi devono modificare le rotte, volare a quote diverse, consumare più carburante. E ogni chilogrammo in più di carburante bruciato alimenta, a sua volta, la crisi climatica. Un perfetto circolo vizioso ad alta quota.
Il caffè che vola
Naturalmente non si tratta di un allarme da film catastrofico: volare resta statisticamente sicuro. Ma la sicurezza si misura anche nei dettagli, e un bicchiere di caffè che vola in faccia a un passeggero non è più un episodio isolato. È il segno di un equilibrio atmosferico che si incrina. E di un Pianeta che non si limita più a bruciare sotto i nostri piedi: trema anche sopra le nostre teste.
Chi vuole cercare un’immagine simbolica di questa fase potrebbe trovarla nella mano che si tende al bracciolo quando l’aereo sobbalza. È il gesto più umano che ci sia: cercare stabilità. Ma stabilità e clima, oggi, non vanno più d’accordo. E finché la temperatura globale continuerà a salire, i nostri voli continueranno a ballare il ritmo imposto da un’atmosfera surriscaldata.
