3 Novembre 2025
/ 3.11.2025

Auto con la spina, la scommessa cinese può cambiare il sistema elettrico

In Cina ci sono già più di 25 milioni di auto elettriche in circolazione. Connettendole in modo bidirezionale alla rete elettrica i veicoli diventano un elemento di equilibrio del sistema e una forma di storage

La Cina sta trasformando le sue strade in un gigantesco laboratorio energetico. Con oltre 25 milioni di auto elettriche in circolazione, il Paese non solo guida la rivoluzione della mobilità pulita, ma sta sperimentando un modello che potrebbe cambiare la struttura stessa del sistema elettrico: il “vehicle-to-grid”, o V2G. Si tratta di usare le batterie dei veicoli come piccole centrali mobili, capaci di immagazzinare energia e restituirla alla rete quando serve. È una delle frontiere più promettenti della transizione energetica, racconta Carbon Brief in un’analisi approfondita.

Una riserva distribuita

Il principio è quello della rete bidirezionale: quando la domanda di elettricità è bassa, i veicoli assorbono energia, idealmente prodotta da fonti rinnovabili. Quando la rete è sotto pressione – ad esempio nelle ore di punta o nei periodi di scarsa produzione eolica e solare – le batterie restituiscono parte di quell’energia accumulata. In questo modo, i veicoli diventano un elemento di equilibrio del sistema, contribuendo a stabilizzare i flussi energetici e a ridurre lo spreco di produzione rinnovabile che oggi, in Cina, resta ancora un problema significativo.

Il potenziale è enorme: milioni di auto collegate in rete possono fornire una riserva distribuita di energia flessibile, capace di rispondere in tempo reale alle oscillazioni della domanda. È un tassello cruciale per un sistema elettrico che, come sottolinea Carbon Brief, sta faticando a integrare la rapidissima crescita di solare ed eolico. Il percorso però non è semplice. Gli esperimenti avviati in diverse città – da Shanghai a Shenzhen – mostrano risultati incoraggianti ma anche molti limiti. Le infrastrutture di ricarica bidirezionale sono costose, e solo una parte dei modelli di auto è compatibile con la tecnologia. Inoltre, la durata delle batterie resta un nodo: i cicli di carica e scarica potrebbero ridurne la vita utile, rendendo meno appetibile l’investimento per i consumatori.

Servono nuove regole

Un altro ostacolo è il mercato. Perché il V2G funzioni su larga scala servono regole nuove: tariffe dinamiche, piattaforme digitali, operatori specializzati, una rete di comunicazione capace di coordinare milioni di punti di scambio. In Cina, alcune aziende logistiche e municipalità stanno già sperimentando schemi di remunerazione: chi fornisce energia alla rete può ottenere compensi mensili non trascurabili. È una forma di partecipazione attiva dei cittadini alla gestione dell’energia, ma richiede fiducia e trasparenza. La tecnologia, insomma, è solo una parte della soluzione: la sfida è soprattutto culturale e regolatoria.

Se riuscirà a superare questi ostacoli, il V2G potrà diventare un pilastro della transizione energetica cinese. Le auto elettriche non sarebbero più semplici mezzi di trasporto, ma componenti dinamiche di una rete elettrica più resiliente, capace di integrare grandi quantità di rinnovabili. Una visione che potrebbe ispirare anche l’Europa, dove il problema dell’intermittenza delle fonti pulite è sempre più attuale. In Italia, l’espansione del solare e dell’eolico richiede soluzioni di accumulo e flessibilità: la tecnologia vehicle-to-grid potrebbe rappresentare uno strumento prezioso, a patto di costruire un contesto normativo e tecnico che la renda praticabile.

La lezione cinese, conclude Carbon Brief, è che la transizione energetica non passa solo da grandi centrali e impianti industriali, ma anche da milioni di scelte individuali coordinate da un sistema intelligente. Un pezzo del futuro dell’energia, forse, è già parcheggiato sotto casa.

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