4 Novembre 2025
/ 3.11.2025

Emissioni delle navi: la spunta Trump

La pressione americana si è manifestata attraverso minacce concrete: dall'imposizione di dazi alle restrizioni sui visti per gli equipaggi marittimi. Rinviato il voto sulle nuove regole

Colpo di scena nel difficile cammino verso la decarbonizzazione dei trasporti marittimi mondiali. Sotto l’implacabile pressione dell’amministrazione Trump, l’Organizzazione Marittima Internazionale (Imo) ha ceduto venerdì scorso 20 ottobre a Londra, rinviando di un anno il voto sulle nuove regole che avrebbero imposto al settore navale di dover pagare per le proprie emissioni inquinanti (oppure, meglio, di innovare attraverso la tecnologia per ridurle).

La decisione, maturata al termine di una settimana di intense negoziazioni, rappresenta una battuta d’arresto significativa nella lotta ai cambiamenti climatici, e segna un preoccupante precedente nelle relazioni diplomatiche internazionali. Con 57 Stati membri favorevoli al rinvio e 49 contrari, l’Imo ha così posticipato al 2026 l’adozione del nuovo quadro normativo, originariamente previsto per questo ottobre.

Il segretario di Stato Marco Rubio in prima linea

La pressione americana si è manifestata attraverso minacce concrete: dall’imposizione di dazi alle restrizioni sui visti per gli equipaggi marittimi. Il coinvolgimento diretto è arrivato ai massimi livelli diplomatici, con il segretario di Stato Marco Rubio in prima linea, fino all’intervento personale del presidente Trump che, alla vigilia del voto, ha tuonato sul suo social network Truth Social contro quella che ha definito “una tassa verde globale sulla navigazione”.

“Non stiamo conducendo negoziati sul clima, ma negoziati geopolitici”, ha commentato amaramente Faig Abbasov, direttore del settore navale presso il think tank Transport & Environment. “Gli Stati Uniti stanno conducendo una vera e propria guerra contro il multilateralismo e la diplomazia climatica”.

Il dibattito si è concentrato sul futuro dei carburanti navali, in particolare, su quali saranno i combustibili su cui il settore marittimo dovrà fare affidamento nella transizione verso le emissioni zero, e con quale tempistica questo passaggio dovrà avvenire. L’Unione Europea – inizialmente supportata dalla Cina – aveva promosso un ambizioso quadro normativo che favoriva i carburanti derivati dall’idrogeno verde (come l’ammoniaca verde e il metanolo) rispetto al Gnl (gas naturale liquefatto). Una linea che ha suscitato l’ira degli americani, che hanno investito pesantemente nelle infrastrutture per il gas, e volevano il suo riconoscimento formale come combustibile di transizione.

Il framework proposto dall’Imo, frutto di anni di meticolosa elaborazione che aveva visto il contributo di tutti i principali Paesi, inclusi gli Stati Uniti sotto l’amministrazione Biden, è stato sistematicamente smantellato dal ritorno di Trump alla Casa Bianca. La Camera Internazionale della Navigazione, che rappresenta l’80% della flotta mondiale, ha espresso profonda delusione per l’esito del voto, sottolineando come l’incertezza normativa ostacoli gli investimenti necessari per la decarbonizzazione del settore.

La Cina cambia posizione

L’Unione Europea, che ha guidato gli sforzi per l’adozione della carbon tax, si è trovata isolata, nonostante il precedente sostegno della Cina. Pechino, in un calcolo geopolitico più ampio, ha preferito non aprire un nuovo fronte di tensione con Washington, schierandosi a favore del rinvio. Un cambio di rotta che ha visto i delegati cinesi osservare con malcelato divertimento la frattura transatlantica. Il ministro del clima norvegese Andreas Bjelland Eriksen ha espresso preoccupazione per il nuovo atteggiamento americano verso la diplomazia climatica globale, mentre il vice ministro del clima polacco Krzysztof Bolesta ha ammesso che “la leadership europea nei colloqui internazionali sul clima non è sufficiente”.

“Gli argomenti contro il framework sono deboli”, ha commentato Rico Luman, economista senior per i trasporti presso la banca olandese Ing. “Anche se i costi di spedizione dovessero aumentare fino al 10%, l’impatto sui prezzi al consumo sarebbe minimo, considerando che il trasporto marittimo rappresenta solo una piccola frazione dei costi totali dei prodotti”.

Il rinvio avrà ripercussioni significative anche sul prossimo vertice sul clima Cop30, in programma a novembre in Brasile. L’atteggiamento americano nelle trattative Imo potrebbe essere un presagio di quanto accadrà durante il summit, dove tutti i Paesi dovranno presentare nuovi piani climatici fino al 2035.

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