4 Novembre 2025
/ 4.11.2025

Economia circolare, l’Europa deve fare sul serio

Il Circular Economy Network lancia l’allarme: “Serve un mercato unico per le materie prime seconde, o l’Ue perderà la sua leadership”

L’Europa ha adottato il linguaggio dell’economia circolare, ma ora fatica a parlarlo con coerenza. In tredici anni, il tasso di riutilizzo dei materiali è cresciuto di un misero punto percentuale, passando dal 10,7 all’11,8%. Siamo molto lontani dall’obiettivo di raddoppiare l’uso circolare dei materiali entro il 2030, come previsto dal Clean Industrial Deal. Peggio ancora, la crisi del riciclo delle plastiche rischia di diventare simbolo di un paradosso: l’Europa che predica sostenibilità, ma continua a dipendere dalle materie prime vergini importate dall’estero.

A lanciare l’allarme è il Circular Economy Network (Cen), che ha presentato alla Commissione Europea un position paper in vista del Circular Economy Act, la nuova legge attesa entro il 2026. Il messaggio è chiaro: senza un mercato unico per le materie prime seconde, l’Europa non reggerà la competizione globale né riuscirà a tagliare le emissioni come promesso.

“Nonostante il ruolo da protagonista nell’economia circolare, l’Unione Europea non sta compiendo progressi sufficienti verso una maggiore circolarità”, avverte Edo Ronchi, presidente del Network. “Consumiamo troppe risorse, produciamo troppi rifiuti e restiamo dipendenti dalle importazioni, soprattutto di materie prime critiche e strategiche”.

L’Italia, in questo scenario, gioca da prima della classe ma resta vulnerabile. Con un tasso di circolarità del 20,8% nel 2023 – quasi il doppio della media europea – mantiene comunque una dipendenza dalle importazioni del 46,6%, contro una media Ue del 22,4%. È il segno che il sistema circolare non si consolida finché i confini nazionali restano barriere per le filiere del riciclo.

Da qui l’appello del Cen: creare subito un mercato unico europeo delle materie prime seconde, oggi frenato da norme divergenti, burocrazia e costi energetici troppo alti per chi ricicla. “Solo un mercato integrato”, spiega Ronchi, “può garantire competitività industriale, ridurre la dipendenza dalle importazioni e rafforzare la resilienza dell’economia europea. È anche la via più concreta per ridurre le emissioni di CO₂”.

Nel suo documento, il Circular Economy Network indica le priorità: rendere coerenti e operative le norme già approvate (ecodesign, diritto alla riparazione, revisione della direttiva rifiuti), e introdurre nuove politiche fiscali per sostenere la domanda di materiali riciclati. Bruxelles è chiamata ad agire anche sul fronte dei consumi, premiando modelli basati su riuso, noleggio, riparazione e ricondizionamento, e garantendo ai cittadini informazioni chiare su durata e riciclabilità dei prodotti.

La richiesta di fondo è semplice: il Circular Economy Network chiede che il riconoscimento dello status di materia prima seconda valga in modo uniforme in tutta l’Unione, eliminando le attuali difformità nazionali che frenano il mercato unico dei materiali riciclati. È la condizione minima per far girare davvero la ruota dell’economia circolare.

Il rischio, altrimenti, è di fermarsi al giro di prova: un’Europa che parla di transizione ma resta bloccata da regole obsolete e da una fiscalità ancora tarata sull’economia lineare. Come nota il documento del Cen, “l’Europa deve rimuovere gli ostacoli normativi e burocratici che frenano la libera circolazione delle materie prime seconde”.

Se non lo farà presto, le promesse del Green Deal rischiano di restare al palo, insieme a un’economia che non riesce più a chiudere il cerchio.

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