7 Novembre 2025
/ 7.11.2025

Unioncamere: quattro milioni di occupati green entro il 2029

Ma servono competenze nuove per non rallentare la transizione. Ecco quali sono le figure più richieste. La criticità più grave è il disallineamento tra la formazione e la domanda del mercato

La sostenibilità non è più un settore: è diventata la spina dorsale del mercato del lavoro italiano. È questo il messaggio chiave emerso dal convegno “Green Jobs, capitale del futuro”, ospitato a Ecomondo e organizzato dal progetto “Green Jobs&Skills” in collaborazione con Unioncamere e Asvis. L’incontro, alla Fiera di Rimini, ha offerto un quadro preciso delle professioni più richieste nei prossimi anni, grazie ai dati del sistema informativo Unioncamere-Excelsior e al Report previsivo 2025-2029 realizzato con il ministero del Lavoro.

Secondo le stime, la doppia transizione ecologica e digitale genererà un fabbisogno di circa quattro milioni di lavoratori con competenze green entro il 2029, pari a due terzi dell’intera domanda occupazionale prevista per il Paese. Ma la vera sfida, avvertono gli esperti, non sarà creare nuovi posti: sarà riuscire a formare le persone giuste per occuparli.

Attitudine green

La prima e più ampia richiesta delle imprese riguarda un’attitudine diffusa alla sostenibilità. Si parla di “attitudine green”, cioè la capacità di ridurre sprechi, aumentare l’efficienza e adottare soluzioni di risparmio energetico e riduzione dell’impatto ambientale. Questa competenza, considerata ormai trasversale, sarà necessaria per circa 2,4 milioni di lavoratori, il 64% del totale, e tocca tanto i tecnici e gli specialisti quanto operai e impiegati.

Accanto alla sensibilità ambientale cresce la domanda di competenze tecniche specifiche legate alla gestione di tecnologie e processi verdi: si tratta di circa 1,6 milioni di profili, pari al 43% del fabbisogno complessivo, con un quinto che dovrà possedere un livello elevato di specializzazione. Le figure più richieste operano nei settori dell’efficienza energetica, dell’economia circolare e delle energie rinnovabili.

La transizione ecologica, osserva Unioncamere, viaggia ormai a braccetto con quella digitale. Oltre due milioni di lavoratori dovranno possedere competenze digitali di base e più di 900 mila dovranno saper integrare almeno due competenze avanzate, come l’uso dei big data o dell’intelligenza artificiale, per ottimizzare la gestione degli impianti e ridurre i consumi. È il nuovo “e-skill mix” richiesto da un’economia che non distingue più tra tecnologia e sostenibilità.

I settori in prima linea

Sul fronte delle professioni, i settori in prima linea sono quelli della riqualificazione energetica e della bioedilizia, con oltre 140 mila operai specializzati richiesti nei prossimi anni, seguiti dagli esperti di finanza sostenibile e gestione Esg, stimati tra 105 e 114 mila. Cresce anche la domanda di tecnici ingegneristici e di monitoraggio ambientale, di ingegneri orientati all’efficienza energetica e all’economia circolare, e di chimici per le industrie verdi emergenti.

La criticità più grave, avvertono Unioncamere e Asvis, è però il disallineamento tra la formazione e la domanda del mercato. Il sistema educativo rischia di non tenere il passo: mancano corsi capaci di formare profili ibridi, che sappiano coniugare competenze tecniche, digitali e ambientali. Le imprese sono invitate a investire in modo sistematico sull’aggiornamento interno, con programmi di upskilling e reskilling, mentre scuole, Its e università dovranno integrare la sostenibilità nei curricula come materia strutturale, non come tema accessorio.

Il lavoro del futuro, in definitiva, non sarà solo “green” nel nome, ma nelle competenze di chi lo svolge. E la capacità dell’Italia di accelerare nella transizione ecologica dipenderà da quanto rapidamente riuscirà a colmare il divario tra tecnologia, ambiente e formazione.

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