Il 15 novembre alle ore 14 da Piazzale Aldo Moro prenderà il via la seconda edizione del Climate Pride, la grande manifestazione nazionale che porta in piazza la richiesta di giustizia climatica e sociale. Oltre 70 associazioni, movimenti e collettivi parteciperanno alla street parade fatta di performance artistiche, maschere e musica, che attraverserà le vie della Capitale per sensibilizzare cittadini e istituzioni sull’urgenza di abbandonare il modello fossile ed estrattivista, responsabile di crisi climatiche, guerre e disuguaglianze.
Il Climate Pride è insieme festa e protesta, celebrazione della resilienza della natura e delle comunità che si battono per un futuro sostenibile, con simboli e rappresentazioni della vita multispecie, delle energie rinnovabili e di uno stile di vita compatibile con il pianeta.
Transizione giusta e diritti sociali
L’attuale equilibrio geopolitico – denunciano i promotori della manifestazione – è segnato da un intreccio sempre più stretto tra crisi climatiche, conflitti globali e ingiustizie sociali: una situazione legata a un sistema economico fondato sull’estrazione e sul consumo di combustibili fossili continua a generare disuguaglianze, guerre e devastazione ambientale.
Secondo le 70 associazioni firmatarie dell’appello, riarmo e industria fossile rappresentano due aspetti della stessa logica estrattivista e coloniale, mirata a proteggere profitti privati a discapito di popoli, territori ed ecosistemi.
Il Climate Pride lancia anche un messaggio di pace e solidarietà internazionale. Chiede la tutela dei diritti umani, delle popolazioni indigene, delle lavoratrici e dei lavoratori, e difende la libertà di protesta in un momento in cui cresce la criminalizzazione dei movimenti ecologisti. La manifestazione sottolinea che salute, giustizia climatica e benessere sociale sono strettamente connessi e richiedono politiche di responsabilità verso chi inquina, oltre a strategie di bonifica e riconversione dei territori contaminati.
Un movimento ampio e intersezionale
Il Climate Pride sottolinea la necessità di un cambiamento radicale, equo e sostenibile. Tra i promotori figurano Acli, ActionAid, Amnesty International, Arci, Cgil, Legambiente, Wwf, Greenpeace, Fridays for Future, Ultima Generazione, Libera, Marevivo, Oxfam, e molti altri protagonisti del mondo sindacale, ambientalista e del terzo settore, insieme a reti studentesche e collettivi locali.
Un fronte largo che, con la forza della partecipazione dal basso, vuole portare la voce dei cittadini fino a Belém: chiedendo che la Cop30 segni davvero un cambio di passo verso un modello economico libero dai combustibili fossili, giusto con le persone e rispettoso dei limiti del Pianeta.
