11 Novembre 2025
/ 11.11.2025

Dal verde al blu: la sfida climatica parte dal mare

Mentre si apre la Cop30 di Belém, arriva l’appello di Marevivo: proteggere gli oceani è una priorità climatica, non un tema collaterale

La Cop30 si apre nella città simbolo dell’Amazzonia, Belém do Pará, con gli occhi del mondo puntati sul polmone verde del Pianeta. Ma il verde non può resistere se non tiene il blu: la sfida climatica parte dal mare. È questo il senso dell’appello lanciato dalla Fondazione Marevivo mentre si apre la conferenza Onu sul clima.

“Salviamo le foreste tropicali, ma non dimentichiamo gli oceani”, propone Rosalba Giugni, presidente di Marevivo, che chiede di inserire con forza la tutela marina nell’agenda dei negoziati internazionali. Gli oceani, ricorda l’organizzazione, sono il vero regolatore termico della Terra: assorbono circa l’89% del calore in eccesso prodotto dai gas serra. È una capacità straordinaria ma prossima al limite, come dimostra l’intensificazione dei fenomeni estremi. L’uragano Melissa, che ha devastato i Caraibi nelle scorse settimane, è un campanello d’allarme: la temperatura superficiale degli oceani (il loro tasso di riscaldamento è quasi raddoppiato negli ultimi 20 anni) alimenta cicloni di potenza mai vista.

Il polmone blu che ci tiene in vita

Gli oceani sono un gigantesco pozzo di carbonio: la loro capacità di assorbimento è pari a circa 15 miliardi di tonnellate di CO₂, circa un quarto delle emissioni umane. E metà dell’ossigeno che respiriamo proviene dal mare, grazie al lavoro invisibile del fitoplancton. Un sistema vitale che oggi rischia di cedere sotto il peso dell’acidificazione, del riscaldamento e dell’inquinamento.

“Il mare è il nostro migliore alleato contro il caos climatico, ma lo stiamo portando al collasso”, ammonisce Giugni. “Le decisioni della Cop30 devono riflettere questa realtà. Proteggere gli oceani è una misura di adattamento e mitigazione climatica tra le più efficaci, se non la più efficace, che abbiamo a disposizione”. L’obiettivo, ricorda Marevivo, è chiaro: proteggere almeno il 30% degli oceani entro il 2030, come previsto dagli accordi internazionali. Ma servono impegni concreti, finanziamenti e monitoraggi reali.

Foreste blu, barriere e comunità costiere

Mangrovie, praterie di posidonia e barriere coralline: sono queste le “foreste blu” che assorbono e immagazzinano grandi quantità di carbonio, ma che stanno scomparendo a ritmi drammatici. Dall’inizio dell’era industriale, l’assorbimento di CO₂ ha reso gli oceani più acidi del 30%, mettendo a rischio l’intera catena della vita marina. E dagli anni Cinquanta le acque hanno perso circa il 2% del loro ossigeno disciolto.

A questo si aggiunge la minaccia dell’innalzamento del livello del mare, dovuto per un terzo all’espansione termica dell’acqua. Una bomba a orologeria per milioni di persone che vivono lungo le coste, in particolare nei Paesi tropicali e insulari.

Serve un piano globale

“Difendere le foreste blu”, continua Giugni, “significa investire nella più potente infrastruttura naturale per la stabilità climatica. Serve un piano globale di osservazione degli oceani, capace di misurare e comprendere l’accelerazione dei cambiamenti in corso, e una strategia per affrontare insieme crisi climatica, perdita di biodiversità e inquinamento da plastica”.

Alla Cop30, Marevivo porterà la voce del “polmone blu” del Pianeta: un mare che regola il clima, genera ossigeno e assorbe carbonio, ma che rischia di trasformarsi da alleato a vittima della crisi climatica.

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