In molti parlano di transizione ecologica, ma il pianeta continua a macinare CO₂ come se nulla fosse. Il Global Carbon Project – la radiografia più aggiornata delle emissioni fossili, firmata da 130 scienziati – arriva alla COP30 come uno schiaffo. Nel 2025 le emissioni da carbone, petrolio e gas toccheranno un nuovo record: 38,1 miliardi di tonnellate. Un aumento dell’1,1% rispetto all’anno scorso.
Le rinnovabili crescono, l’elettrico avanza, la deforestazione rallenta in alcuni Paesi. Ma, collettivamente, siamo ancora fuori pista. Glen Peters, uno degli autori dello studio, lo dice senza girarci intorno: il mondo “non è all’altezza”.
La parte più dura da digerire è il cosiddetto “budget di carbonio”, la quantità di CO₂ che possiamo ancora emettere prima di superare stabilmente 1,5°C. Rimangono 170 miliardi di tonnellate: se continuiamo con il ritmo attuale, sono quattro anni. Poi basta: il contatore va a zero. Pierre Friedlingstein, dell’Università di Exeter, taglia corto: rispettare quel limite “è, in pratica, impossibile”.L’obiettivo realistico non è più evitare il superamento della soglia di 1,5°C, ma contenere la durata del periodo oltre la soglia di sicurezza. E si parla comunque di decenni.
La traiettoria reale: da 2,3 a 2,6°C
Sulla base degli impegni attuali, l’Onu vede un mondo che si avvia verso +2,3/+2,5°C entro fine secolo. Climate Action Tracker, che ha pubblicato nuove stime in parallelo, si spinge a +2,6°C. Dunque c’è ancora molta strada da fare. Eccoci qui, a Belem, con la curva delle emissioni ancora puntata verso l’alto.
Il carbone – la fonte fossile più sporca – segna un nuovo massimo nel 2025: +0,8% su base globale. Cresce negli Stati Uniti, cresce in India. Petrolio e gas non sono da meno, rispettivamente +1% e +1,3%. Per il gas, dicono i ricercatori, siamo tornati alla tendenza pre-guerra in Ucraina: crescita costante, come se la crisi energetica del 2022 fosse già un ricordo sbiadito.
Il dato più imbarazzante arriva dai Paesi ricchi, quelli che dovrebbero mostrare la strada. Nel 2025 gli Stati Uniti risalgono dell’1,9% nelle emissioni e l’Unione Europea dello 0,4%. La Cina, il maggiore emettitore globale, appare in fase di stabilizzazione: +0,4%. Ma gli stessi autori dello studio frenano gli entusiasmi: troppo presto per dire che Pechino abbia raggiunto il suo picco storico.
Un mondo che corre in direzione sbagliata
Dunque la Cop30 si apre con un pessimo dato: le emissioni globali non stanno scendendo. E le traiettorie attuali ci portano dritti verso un mondo molto più caldo, più instabile e più caro.
Se c’è un filo di ottimismo, è nella consapevolezza che l’economia basata sulle rinnovabili, sull’efficienza energetica e sul recupero dei materiali sta guadagnando spazio. E che, prima o poi, anche la diplomazia dovrà prenderne atto. Sarebbe meglio prima, perché più si rimanda e più il costo dei piani di emergenza sale. Andando avanti così pagheremo un prezzo molto più alto di quello della transizione che stiamo ancora rimandando.
