14 Novembre 2025
/ 14.11.2025

Così il cambiamento climatico ha rafforzato i tifoni che hanno devastato il Pacifico

L’analisi dell’Imperial College di Londra: la crisi climatica ha aumentato rischi e conseguenze dei due tifoni che hanno travolto Filippine e Vietnam

Il Pacifico orientale ha appena vissuto un doppio colpo difficile da assorbire: i tifoni Kalmaegi e Fung-Wong hanno travolto Filippine e Vietnam lasciando dietro di sé distruzione, evacuazioni di massa e un bilancio umano che continua a salire. Come documentano due studi dell’Imperial College di Londra,gli eventi sono distinti, ma la cornice è unica: il cambiamento climatico ha agito come un acceleratore, rendendo le tempeste più probabili, più violente e molto più costose in termini di vite e danni.

Il tifone Fung-Wong è risultato più probabile del 17% rispetto a un mondo non riscaldato dall’uomo. Non solo: nelle Filippine, la sua forza amplificata ha aumentato del 42% i danni registrati. Lo scenario futuro è ancora più eloquente. In un mondo a +2 °C, un evento simile causerebbe il 63% di danni in più rispetto a un clima pre-industriale. Numeri che fanno capire, in modo molto concreto, cosa significa “vivere in un Pianeta più caldo”.

I modelli climatici

La storia non cambia con il tifone Kalmaegi, che ha falcidiato le Filippine e poi la costa vietnamita con una combinazione letale di venti intensi e piogge torrenziali. Qui il cambiamento climatico ha aumentato del 33% la probabilità dell’evento e del 9% il livello di danni in Vietnam. Anche in questo caso, i modelli climatici fanno una proiezione inquietante: con un mondo a +2 °C, i danni di un tifone simile crescerebbero del 26%. Non si tratta di dettagli tecnici: è la differenza tra un’infrastruttura che regge e una che crolla, tra un quartiere che si allaga e uno che resiste, tra un’intera comunità che può ripartire e una che viene spazzata via.

La dinamica fisica è semplice, ed è quella che gli scienziati ripetono da anni: un oceano più caldo fornisce più energia ai cicloni tropicali, alimentando venti più forti; un’atmosfera più calda trattiene più vapore acqueo, preparando il terreno a precipitazioni improvvise e devastanti. Quando due tempeste arrivano in sequenza, come in questo caso, i terreni saturi e le infrastrutture rese fragili moltiplicano ulteriormente l’impatto. Non è un caso che nelle Filippine oltre un milione di persone siano state costrette a lasciare le proprie case nel giro di pochi giorni.

Una storia che ci riguarda

Questi episodi, pur geograficamente lontani dall’Italia, raccontano una storia che ci riguarda direttamente. Dicono che gli eventi estremi stanno già cambiando frequenza e intensità, e che ogni decimo di grado conta. Dicono che le filiere globali, da cui dipendiamo per energia, tecnologia, cibo e materie prime, possono essere compromesse da un clima sempre più instabile. E dicono che l’adattamento è un’urgenza amministrativa, economica e civile.

Naturalmente i numeri vanno presi con cautela: le percentuali sono stime modellistiche e ogni studio di attribuzione ha margini di incertezza. Ma la direzione è netta e l’immagine complessiva è chiara: il cambiamento climatico rende più probabili e peggioragli eventi estremi. In modo sostanziale.

Kalmaegi e Fung-Wong non sono un’eccezione: sono un’anteprima. Se il mondo imbocca la strada dei +2 °C e oltre, i numeri che oggi ci sembrano impressionanti diventeranno ordinari. La scelta che abbiamo davanti è se vogliamo limitarci a rincorrere le emergenze o ridurre la forza del disastro che ci sta venendo incontro.

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