17 Novembre 2025
/ 17.11.2025

Climate Pride, Roma chiama Belém: “Giustizia climatica planetaria”

A Roma la seconda edizione del Climate Pride ha portato in strada più di 10 mila persone. Appello a fermare i combustibili fossili e a interrompere l’escalation del riarmo

A Roma la seconda edizione del Climate Pride ha portato in strada più di 10 mila persone, una scia colorata e combattiva che da piazzale Aldo Moro ha attraversato la città fino a largo Preneste. Una parata piena di maschere ispirate agli ecosistemi, pale eoliche danzanti, un grande ulivo palestinese a fare da simbolo di radici e resistenza, e lo striscione che riassume tutto: “Dall’Amazzonia all’Europa Giustizia Climatica Planetaria”.

L’evento si inserisce nel calendario di mobilitazioni che stanno accompagnando la Cop30 di Belém, in Brasile, dove i leader mondiali discutono di clima mentre il Pianeta continua a ricordare — con alluvioni, incendi, siccità estreme — che la crisi è già qui. In piazza c’erano oltre 80 associazioni: dalle grandi organizzazioni ambientaliste alle reti studentesche, dai movimenti sociali ai gruppi territoriali. Una convergenza ampia che non è scontata, segno che la questione climatica sta diventando il crocevia di diritti, pace e giustizia sociale.

Un messaggio diretto

Il messaggio che la rete delle associazioni ha portato alla Cop è diretto: fermare i combustibili fossili e interrompere l’escalation del riarmo. Le due cose, sostengono, sono legate. Più un Paese dipende da petrolio e gas, più rimane intrappolato in dinamiche geopolitiche che generano tensioni e conflitti. Più si accelera sulla transizione ecologica, più ci si libera da queste catene.

I promotori hanno ricordato come gli impatti della crisi climatica siano già oggi una condizione strutturale che colpisce comunità in tutto il mondo, con danni economici cresciuti di dieci volte rispetto al 2000 e arrivati, secondo BloombergNef, a 1.400 miliardi di dollari nel 2024. Un dato che ha fatto da cornice alle richieste portate in piazza: accelerare l’uscita dalle fonti fossili, fermare l’escalation del riarmo e costruire una transizione energetica che rafforzi pace, giustizia sociale e indipendenza dalle materie prime fossili.

Il Climate Pride ha rivolto lo sguardo anche all’Unione Europea, chiedendo che a Belém arrivi con una posizione forte sull’uscita dalle fonti fossili e sulla creazione di strumenti finanziari in grado di sostenere i Paesi più vulnerabili. E poi c’è l’Italia, chiamata in causa per la discrepanza crescente tra parole e scelte di bilancio: investimenti militari in salita, investimenti per la transizione ecologica fermi al palo, e una gestione degli impatti climatici spesso lasciata alle Regioni e ai Comuni senza risorse adeguate.

Il corteo di ieri non è stato solo una denuncia, ma l’inizio di un percorso. Le realtà aderenti hanno già annunciato che la mobilitazione continuerà nei prossimi mesi, con iniziative territoriali e campagne comuni contro le grandi opere fossili e a supporto di una transizione che non lasci indietro nessuno. Un movimento sempre più intergenerazionale che, almeno nella forma, somiglia a quei Pride da cui prende il nome: orgoglio, comunità, contaminazione culturale.

CONDIVIDI
Banco alimentare cibo

Continua a leggere