17 Novembre 2025
/ 17.11.2025

Usa assenti, Europa incerta: a Belém il baricentro del mondo scivola a Est

Alla Cop di Belem cresce il peso politico dei Paesi che si possono identificare con l’acronimo BASIC: Brasile, Cina, India e Sudafrica. Sono loro ad assumere un ruolo propulsivo

L’Amazzonia ha in serbo una sorpresa. Cop30 potrebbe diventare la vera Cop del “Sud del mondo”. Per certi versi quello a cui assistiamo nella capitale dello Stato amazzonico del Parà è un cambio di centro gravitazionale. Dai Paesi sviluppati, in primis dalla vecchia cara Europa, al nuovo Sud globale, ai grandi Paesi in via di sviluppo che in questa conferenza delle parti della convezione per il cambiamento climatico si possono identificare con l’acronimo BASIC: Brasile, Cina, India e Sudafrica. Grazie alla sapiente presidenza dell’ambasciatore Andrè Correa do Lago e del suo approccio “multirao”, una sorta di partecipazione condivisa.

Il Brasile e, dietro le quinte, la Cina, stanno assumendo un ruolo propulsivo. L’assenza degli Stati Uniti, in questo senso, facilita le cose. C’è un freno in meno, e un freno di quelli potenti, anche se comunque gli Stati produttori di fonti fossili sono sempre ben vigili e attivi, in un’alleanza che spacca i Paesi in via di sviluppo che hanno risorse fossili e le vorrebbero usare. Il fatto che anche il Brasile le abbia, e in parte le voglia usare, facilita il dialogo e apre a possibili soluzioni che mettano in minoranza i petrostati. Possibile, ma per nulla scontato.    

Il momento della verità

La seconda settimana che si è aperta oggi dopo la giornata di pausa di domenica è il momento della verità. È il momento dei ministri e del dialogo politico. La prima settimana di trattative si è conclusa con importanti passi avanti sia sul fronte tecnico che su quello politico. Si sono conclusi i lavori degli Organi sussidiari (Subsidiary Bodies, SB), gli organi tecnici dell’Unfccc che preparano analisi, testi e raccomandazioni per le decisioni politiche della Cop, aprendo la strada alla fase politica della Cop30. Alcuni temi continueranno a essere trattati durante la seconda settimana. Si profila la possibilità di arrivare a un testo di conclusioni che delinei una guida politica dei risultati della Copla famosa “cover decision”.

“Ieri”, osservano al think thank climatico Ecco, “la presidenza brasiliana ha pubblicato una nota di sintesi che raccoglie le posizioni espresse dalle parti su quattro temi centrali: l’attuazione dell’articolo 9.1 (la parte dell’accordo di Parigi dedicata alla finanza climatica); le misure  commerciali unilterali come il Cbam europeo; l’ambizione degli Ndc (i contributi nazionali all’impegno di mitigazione delle emissioni)  per colmare il divario verso 1,5 °C e l’avanzamento del quadro di trasparenza tramite i Btr (i rapporti di trasparenza previsti dall’accordo di Parigi).

Ampie aree di convergenza

Il documento evidenzia ampie aree di convergenza e offre una base per la costruzione della cover decision, il documento politico finale della Cop. La nota ricorda i dieci anni dall’adozione dell’Accordo di Parigi e sottolinea la necessità di passare dalla fase di negoziazione a quella di implementazione, rafforzando il multilateralismo, la cooperazione internazionale e il supporto ai Paesi più vulnerabili. Per la prima volta, si aprono spazi concreti per triplicare i finanziamenti destinati all’adattamento e accelerare l’uscita dai combustibili fossili.  

Certo, occorrerà lavorare molto. La presidenza ha annunciato che nei prossimi giorni convocherà un “mutirão”, una grande sessione collettiva con ministri e capi delle delegazioni, per cercare punti di convergenza. E’ un formato già sperimentato con successo in altre Cop: un momento in cui, superata la fase tecnica, tutti i livelli politici si ritrovano nella stessa stanza per affrontare insieme i dossier più difficili e dare una direzione unitaria al pacchetto finale. E mercoledì tornerà a Belem il presidente brasiliano Lula da Silva, che lavorerà per sbloccare il punto politico più atteso, l’accordo su un percorso credibile di uscita dai combustibili fossili (il famoso “transitioning away” deciso alla Cop28 di Dubai). Le consultazioni hanno mostrato che esiste uno spazio politico per farlo.

Per mantenere aperta questa possibilità, le parti dovranno presentare proposte concrete e una visione chiara del pacchetto Cop30, trasformando l’urgenza espressa da Lula in decisioni concrete. Sabato, oltre 40 Paesi hanno incontrato Marina Silva per discutere un processo politico di transizione dai combustibili fossili. C’è attenzione e non solo in Europa. Ma questo si intreccia, per coinvolgere davvero i Paesi in via di sviluppo ed avere il loro voto, con l’adozione di una lista di indicatori sull’Obiettivo Globale sull’Adattamento (Global Goal on Adaptation, Gga) in grado di rispondere alle esigenze dei Paesi più vulnerabili e all’aumento dei fondi specifici per l‘adattamento e più in generale per la finanza climatica.

 “Lo sviluppo politico più significativo della prima settimana e il più contestato – osservano al Climate action network – si è verificato nei negoziati sulla Transizione Giusta. Con un cambiamento significativo, il G77+Cina ha chiesto la creazione di un Meccanismo Globale per la Transizione Giusta, facendo eco alle richieste di lunga data della società civile e dei sindacati incarnate nella proposta di un Meccanismo d’Azione di Belém (Bam). Da parte sua, l’UE ha presentato una proposta di accordo istituzionale, che rappresenta una vera evoluzione nel dibattito internazionale, sebbene sia ancora lontana dal tipo di meccanismo in grado di garantire la giustizia nella transizione. Ma la svolta rimane fragile. Ci sono già chiari segnali che la lotta politica è solo all’inizio. Diversi Paesi ricchi si sono opposti con forza all’idea di un nuovo meccanismo, sostenendo che gli accordi esistenti sono sufficienti”. 

Una frattura determinante

II problema dei Paesi sviluppati è il timore che nuovi accordi e nuovi meccanismi significhino un aumento della richiesta di finanziamenti, opzione per la quale in pochi sono disponibili. Oltre a ciò, il commercio sta emergendo come una frattura determinante. Molti Paesi sviluppati hanno continuato a opporsi a un linguaggio che implicasse un obbligo, creando una crescente frustrazione e ampliando il divario di fiducia, nonostante l’accordo di Parigi e la sentenza dell’Icjao.

In ultima analisi è una questione di finanziamenti sul piatto. Gli osservatori dei Paesi in via di sviluppo sono stati espliciti: il divario nell’attuazione è il divario finanziario e, finché questo non sarà risolto, nessuna coreografia politica potrà ripristinare la fiducia. Sarà una settimana dura per arrivare a qualcosa che si possa chiamare un buon risultato, se non un successo. Ma anche portare una Cop in Amazzonia sembrava impossibile eppure ci sono riusciti. Per il Sud globale essere il centro gravitazionale delle trattative climatiche è una opportunità senza pari: dovranno essere ambiziosi ma anche saggi perché chiedere troppo rischia di produrre macerie. “Multirao globale” sì, ma con giudizio, è la chiave per un possibile successo.

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