Il progetto del Ponte sullo Stretto torna a inciampare, e la frenata è pesante: la Corte dei Conti ha negato il visto di legittimità al terzo atto aggiuntivo della convenzione tra il ministero delle Infrastrutture, il Mef e la società Stretto di Messina. Un passaggio chiave, senza il quale la macchina amministrativa e finanziaria dell’opera — già scossa a fine ottobre dalla bocciatura della delibera Cipess da 13,5 miliardi — si blocca di nuovo.
Effetto immediato
La magistratura contabile precisa che le motivazioni saranno depositate entro trenta giorni. Ma l’effetto è immediato: la convenzione non viene registrata e l’intero impianto giuridico che regola il rapporto tra Stato e concessionaria resta sospeso. In pratica, la Stretto di Messina non può procedere come stazione appaltante, non può indire nuove gare e non può stringere l’accordo di programma con i ministeri. Il cronoprogramma che avrebbe dovuto portare ai cantieri nel 2026 evapora.
Nel governo il nervosismo è palpabile. E questa volta Matteo Salvini prova a tenere i toni bassi: assicura che si andrà avanti, che “gli esperti sono al lavoro per chiarire tutti i punti”, ma evita gli acuti a cui ci ha abituato. Stavolta l’impressione è che non ci sia margine per una forzatura senza rischi.
Le opposizioni, invece, accelerano. Da Avellino, Giuseppe Conte attacca: “Finalmente la Corte dei Conti ha detto che quel progetto sullo Stretto è un progetto mal costruito, mal aggiornato e rabberciato. Sono stati stanziati e immobilizzati 13 miliardi e mezzo. Prendiamo quei soldi, perché in quei soldi addirittura hanno messo pure i fondi di coesione di Calabria e Sicilia. Prendiamoli e usiamoli per le infrastrutture che servono. Quelle viarie, quelle ferroviarie, quelle che davvero ci servono e consentono ai cittadini campani di dare qualche giovamento”.
Sulla stessa linea anche Elly Schlein, collegata con l’iniziativa “Liberiamo la Sicilia! da malaffare, corruzione e clientele”: “La Corte di conti ha di nuovo dato uno stop. Bloccando un progetto ingiusto, sbagliato, dannoso e vecchio come quello sul ponte sullo Stretto di Messina”. E su X interviene anche Chiara Braga, capogruppo Pd alla Camera: “Siamo fiduciosi: il diritto e il buon senso avranno la meglio. Una spesa milionaria quando mancano infrastrutture di base sarebbe uno scempio. Fermate tutto e dirottate le risorse su opere utili”.
Stia tranquillo Salvini, anche noi determinati a bloccare un ponte inutile e dannoso. E fiduciosi: il diritto e il buon senso avranno la meglio. Una spesa milionaria quando mancano infrastrutture di base sarebbe uno scempio. Bloccate tutto e dirottate le risorse su opere utili. pic.twitter.com/ZzWFzJja7C
— Chiara Braga (@bragachiara) November 17, 2025
Il giudizio più severo
Il giudizio più severo arriva da Angelo Bonelli, parlamentare Avs: “La decisione della Corte dei conti di non ammettere al visto di legittimità il decreto Mit-Mef sul terzo atto aggiuntivo della convenzione del Ponte sullo Stretto è di una gravità assoluta. Significa che il governo Meloni stava impegnando fondi pubblici dentro un quadro ritenuto non legittimo, per un’opera da 14 miliardi di euro senza alcuna certezza tecnica, ambientale o giuridica: risorse sottratte a ferrovie, scuole, sanità e sicurezza del territorio. Sono pronto a denunciare il governo anche alla Procura europea se dovesse insistere”.
Sul piano tecnico, la Corte conferma che il decreto del primo agosto 2025 — la chiave dell’aggiornamento della convenzione del 2003 — non è stato ammesso al visto. E sottolinea che questo atto aggiuntivo è strettamente collegato alla delibera Cipess già respinta a ottobre. Le due bocciature, ora, si saldano in un’unica frattura che rimette tutto in discussione.
Dunque il progetto è congelato, il quadro amministrativo è da rifare e il governo deve scegliere se tentare una ripartenza da zero o se fermarsi e riconsiderare l’intero disegno. Per ora né Palazzo Chigi né il Mit mostrano di voler mollare, ma lo schiaffo della Corte dei Conti ha reso la strada decisamente più accidentata. E, come notano molti osservatori, l’immobilismo pesa anche sul portafoglio: 13,5 miliardi sono oggi bloccati tra delibere non registrate e convenzioni ferme ai box. Una frenata che rischia di pesare su un’economia già in bilico.
