È il primo divieto generazionale. Proibisce la vendita, l’uso e il possesso di prodotti del tabacco alle persone nate dal 1° gennaio 2007 in poi. In vigore dal 1° novembre 2025, la norma, proposta dal presidente Mohamed Muizzu e approvata dal governo, non riguarda i soli cittadini, ma anche i visitatori, e rende le Maldive il primo Stato al mondo a introdurre un divieto che punta a creare una generazione libera dal tabacco.
L’obiettivo è stato dichiarato: proteggere la salute pubblica e impedire che giovani e giovanissimi accedano ai prodotti del tabacco per tutta la vita.
La portata pratica del provvedimento è molto ampia: i venditori sono obbligati a controllare l’età e il certificato di nascita, e sono previste sanzioni severe per chi viola a legge, da confische a multe che possono arrivare a importi rilevanti per gli esercenti. La misura, poi, si inserisce in un quadro generale già delineato dal governo maldiviano, che nei mesi precedenti aveva vietato la vendita e l’importazione di dispositivi per lo svapo e aveva aumentato i dazi su tabacco e sigarette. Ma perché questa decisione?
Nel corso degli ultimi anni, diversi Paesi hanno valutato l’idea di una tobacco-free generation, come la Nuova Zelanda, che aveva proposto un simile divieto con il taglio al 2009, ma poche giurisdizioni sono arrivate a una legislazione esecutiva che includa anche i turisti. Per le Maldive, uno Stato insulare con un’economia fortemente dipendente dal turismo e con problemi sanitari legati al tabagismo, dunque, la strategia è stata presentata come una misura preventiva: ridurre la prevalenza del fumo a lungo termine significa abbassare i costi sanitari futuri e migliorare l’immagini del Paese come destinazione “pulita”.
L’impatto ambientale del fumo
Un divieto, questo, che spacca in due l’opinione pubblica: da una parte chi guarda con entusiasmo al provvedimento, dall’altra chi teme una spinta al mercato nero e alle difficoltà pratiche di enforcement sugli atolli sparsi.
Chi esulta, però, è sicuramente l’ambiente. I mozziconi di sigaretta – rifiuti plastici persistenti – sono tra le fonti di inquinamento urbano e marino: i filtri sono fatti principalmente di acetato di cellulosa, una fibra sintetica che non si biodegrada facilmente, e contengono una miscela di sostanze chimiche tossiche (come ad esempio nicotina residua, metalli pesanti, idrocarburi policiclici) che possono essere rilasciati nell’ambiente quando vengono buttati in giro. E studi e report internazionali hanno stimato che ogni anno vengono gettati a terra, in spiaggia o in mare miliardi di mozziconi, responsabili di centinaia di migliaia di tonnellate di microfibre plastiche immesse in natura.
Un aspetto particolarmente critico per le Maldive: l’arcipelago è infatti formato da centinaia di isole basse, con coste fragili ed ecosistemi marini estremamente sensibili all’inquinamento, come barriere coralline, praterie di fanerogame marine, popolazioni di tartarughe e uccelli marini. E i mozziconi che finiscono sulle spiagge o nei sistemi di drenaggio vengono facilmente trasportati in mare, dove rilasciano tossine e microplastiche che danneggiano la fauna e alterano i processi biologici.
Una misura sufficiente?
Dunque, la misura adottata dalle Maldive è sicuramente forte negli obiettivi, ma deve affrontare alcuni problemi concreti. Ad esempio, bisognerà fare i conti con il mercato nero, il turismo e il diritto internazionale. E il perseguimento dei turisti potrebbe generare una risonanza negativa se i controlli fossero mal gestiti. Ancora, il divieto in sé non rimuove dall’ambiente i mozziconi già dispersi, e dunque sarà necessario accompagnare la manovra con campagne di raccolta, infrastrutture per la gestione dei rifiuti e investimenti in educazione ambientale.
Ma un dato resta: il divieto maldiviano non è solo una legge, ma un invito a ripensare il futuro. E se una piccola nazione può immaginare una generazione senza tabacco, forse anche il resto del mondo può imparare a credere che cambiare è possibile.
