Nelle statistiche, la parola “partner” ritorna con una frequenza che inquieta. È lì che la violenza trova spesso casa. Lo rileva il report Istat “La violenza contro le donne, dentro e fuori la famiglia – Primi risultati 2025”: sei milioni e quattrocentomila donne (circa il 32% tra i 16 e i 75 anni), quasi una su tre, hanno subito violenza fisica o sessuale nel corso della vita. Numeri che potrebbero sembrare già noti, ma che fanno un passo ulteriore, ricordandoci che il 63,8% degli stupri è commesso da partner o ex partner.
È una verità difficile da accettare, perché toglie alla violenza l’immagine del pericolo improvviso ed esterno e la colloca all’interno di una relazione conosciuta, che non ci si aspetta possa trasformarsi in minaccia.
Il 31,9% delle donne italiane dai 16 ai 75 anni di età ha subito almeno una violenza fisica o sessuale nel corso della vita
— Istat (@istat_it) November 21, 2025
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Nel 2025 l’Istat ha inserito per la prima volta un dato che mancava: lo stupro quando la vittima è drogata o incapace di opporsi. Riguarda l’1% delle donne ed è legato soprattutto a ex partner (38,9%) e conoscenti (35,3%). È una fotografia chiara di quanto il corpo femminile possa essere trattato come un territorio disponibile quando la vittima non può difendersi.
Il sommerso e la paura delle denunce
La violenza sulle donne resta in gran parte sommersa. Solo il 13,3% delle vittime denuncia almeno una violenza subita nella vita, mentre le denunce relative a partner attuali si fermano al 3,8%. La paura non è astratta: quasi la metà delle donne vittime di ex partner teme per la propria vita, percentuale che sale oltre il 55% quando si tratta di stupri o tentati stupri. Anche per le aggressioni da uomini non partner, la paura riguarda circa un quarto delle vittime. Questi dati spiegano perché uscire da una relazione violenta richieda coraggio e supporto concreto.
Giovani e vulnerabilità
Un elemento emerso dal report riguarda le giovanissime tra i 16 e i 24 anni: le violenze subite da questa fascia d’età sono in aumento. Non alterano la media complessiva, ma indicano una maggiore esposizione in contesti relazionali più intensi e meno strutturati, dove confini e limiti possono essere più facilmente violati. Allo stesso tempo, cresce la consapevolezza: più donne riconoscono ciò che hanno subito come reato e si rivolgono ai Centri antiviolenza e ai servizi specializzati, un segnale importante di resilienza e ricerca di supporto.
La dimensione estrema: i femminicidi
I dati sui delitti contro le donne mostrano la parte più drammatica del fenomeno. Al 1° settembre 2025, secondo il Ministero dell’Interno, le vittime di delitti in ambito familiare o affettivo sono state 60, di cui 44 uccise da partner o ex partner. Una diminuzione rispetto all’anno precedente, ma non sufficiente a parlare di cambiamento strutturale. È evidente: la violenza più estrema continua a colpire chi è più vicino, dentro la famiglia o nelle relazioni affettive. È una strage che non si ferma.
Simboli di memoria e attenzione
Per questo, il 25 novembre, Giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne, non è solo simbolo o rituale. È un momento di attenzione collettiva e di memoria. Le scarpette rosse, nate dall’opera “Zapatos Rojos” dell’artista Elina Chauvet, rappresentano i passi che queste donne non potranno più tracciare. Le panchine rosse, diffuse in piazze, scuole e giardini, indicano i posti vuoti lasciati dalle vittime. Non richiedono interpretazioni. Ogni scarpa, ogni panchina, racconta un percorso interrotto: sono tracce di vite violate che chiedono di non essere ignorate.
