24.08.2023
Tutto troppo perfetto per essere vero. Sì, Guglielmo di Occam ci ha insegnato che spesso le soluzioni più semplici sono le più vere, e bisogna diffidare da ogni complottismo. Ma la morte di Evgenij Prigozhin sembra fatta per titolisti pigri: una morte annunciata. E giunta due mesi dopo la tentata marcia su Mosca degli uomini della Wagner.
Per quei sessanta giorni il capo dei mercenari ribelli è stato un morto che camminava, ma liberamente, da San Pietroburgo a Minsk, da Mosca all’Africa, e viceversa. E muore su uno dei suoi due aerei, con sei uomini del suo stato maggiore – compreso il fondatore di Wagner Dmitry Utkin – e tre membri dell’equipaggio. Muore nel cielo a 50 chilometri dalla residenza di Putin a Valday, a 200 chilometri da Mosca, sulla rotta per San Pietroburgo: in pratica sul pianerottolo di casa della vittima.
Per il Corriere della Sera potrebbe essere stata addirittura la contraerea, con una platealità inconsueta nei regolamenti di conti putiniani. Perché? Perché i russi non amano i leader deboli, e apprezzano i nuovi Ivan il Terribile, che non perdonano, e fanno dell’esibizione della fine del reprobo una lezione per tutti.
C’è una sola ipotesi alternativa: che sia stato qualcun altro, per liberarsi di Prigozhin – che ci aveva illuso con la sua marcia poco trionfale ed era il conquistatore di Bakhmut – e confermare al mondo ciò che già sappiamo: Putin sa essere spietato con chi gli si oppone. Chi allora? I cinesi dicono di aver intercettato un dispaccio tra i servizi segreti americani e quelli britannici, il 20 agosto. Si consigliava l’evacuazione dei cittadini dei due paesi dalla Bielorussia. Gli osservatori avevano tratto il sospetto che qualcosa stesse per accadere al confine polacco, o nei campi dove quel che resta della Wagner è accampato. Il giorno dopo, il 21, effettivamente l’ambasciata americana ordina ai suoi connazionali di lasciare la Bielorussia, e si capisce che si teme una vendetta dei wagneriani in risposta a una qualche azione ostile.
E se l’azione ostile fosse stata la collocazione di un ordigno sul Legacy 600 di Prigozhin? Le capacità per farlo non mancano (ricordiamoci l’attentato alla figlia di Dugin), e l’operazione avrebbe avuto tutte le sfumature della guerra psicologica: far fuori un nemico, addossarne la colpa a un altro nemico (Putin), ma nello stesso tempo liberarlo di un avversario interno, sapendo che alla fine è con Putin che dovrai trattare. E sì, infliggere un duro colpo a quella Wagner africana che sta mutando gli equilibri nel Sahel. Quelli militari. A quelli politici ci hanno pensato i Brics – gli ex Paesi in via di sviluppo – che a Johannesburg hanno annunciato di essere diventati 11 – un G11 alternativo – e lasciato intendere che fuori c’è la coda. Tutto può essere molto semplice, ma anche molto complicato.
Credito fotografico: Askanews