La voglia di rendere le case più efficienti dal punto di vista energetico c’è, ma spesso manca il carburante principale: i soldi. Nei prossimi tre anni oltre la metà delle famiglie italiane intende intervenire sulla propria abitazione per migliorarne le prestazioni energetiche, ridurre i consumi e alleggerire le bollette. Tuttavia, quasi cinque milioni di nuclei non dispongono delle risorse necessarie per farlo davvero. È il quadro che emerge da un’indagine realizzata da Nomisma per Cna, che mette nero su bianco uno scarto profondo tra intenzioni e possibilità concrete
Il budget a disposizione
Il problema è soprattutto economico. Quattro famiglie su dieci dichiarano di poter contare su un budget inferiore ai 20 mila euro per ristrutturare, mentre oltre un terzo giudica il proprio reddito appena sufficiente e una quota non marginale lo considera addirittura inadeguato. Non sorprende quindi che la capacità di spesa venga indicata come la leva decisiva per far partire nuovi interventi. In questo contesto, i bonus edilizi assumono una funzione che va ben oltre l’incentivo fiscale: diventano uno strumento sociale, capace di consentire anche ai nuclei più fragili di migliorare le proprie abitazioni e contribuire agli obiettivi della transizione energetica.
Secondo le stime contenute nel report, mantenere una detrazione al 50% eviterebbe una brusca frenata del mercato. Un’eventuale riduzione delle agevolazioni avrebbe effetti rilevanti non solo sugli investimenti, ma anche sull’economia nel suo complesso: il settore della riqualificazione genera valore aggiunto e produce benefici ambientali concreti, con una riduzione dei consumi energetici del comparto residenziale e un risparmio annuo medio sulle bollette che supera i 300 euro per famiglia.
Il 2025 dovrebbe chiudersi con una spesa complessiva per ristrutturazioni in calo rispetto all’anno precedente, ma ancora su livelli nettamente superiori a quelli pre-pandemia. Un assestamento, più che un crollo, che però rischia di trasformarsi in una vera contrazione se il quadro normativo dovesse continuare a restare incerto. Ed è proprio l’assenza di una strategia chiara a preoccupare famiglie e imprese, soprattutto alla luce delle scadenze europee legate alla direttiva sulle “case green” e del ritardo nella definizione di un piano nazionale di ristrutturazione.
Flessione della domanda
Dal lato delle imprese, il clima non è meno complicato. Alla flessione della domanda si sommano difficoltà strutturali: la carenza di manodopera qualificata, l’aumento dei costi delle materie prime e, soprattutto, l’instabilità delle regole. Senza un sistema di incentivi prevedibile e di medio-lungo periodo, programmare investimenti diventa un esercizio di equilibrismo.
Le proposte avanzate nel report puntano a rimettere ordine: incentivi stabili per almeno cinque-dieci anni, aliquote non inferiori al 50%, meccanismi premiali per chi realizza interventi più efficaci sul piano energetico e criteri di progressività legati al reddito. Centrale anche il tema del credito, con un ruolo più attivo delle banche attraverso mutui green e strumenti finanziari dedicati, capaci di coprire la parte di spesa non sostenuta dagli incentivi.
La transizione energetica delle case italiane non si fa a costo zero e non può poggiare solo sulla buona volontà delle famiglie. Senza regole chiare, incentivi stabili e strumenti finanziari accessibili, il rischio è che resti un obiettivo condiviso solo sulla carta. E le bollette, intanto, continuino a correre.
