16 Dicembre 2025
/ 16.12.2025

Nel cuore delle Alpi riemerge l’era dei dinosauri

Una scoperta che riscrive la mappa paleontologica italiana. Una scoperta capace di riportarci indietro di oltre 200 milioni di anni: su estese superfici rocciose individuate migliaia di orme di dinosauri

Nel Parco nazionale dello Stelvio, tra le vette che oggi evocano ghiacciai e silenzi alpini, è affiorata una scoperta capace di riportarci indietro di oltre 200 milioni di anni. Su estese superfici rocciose sono state individuate migliaia di orme di dinosauri, un insieme così vasto e ben conservato da configurarsi come uno dei più grandi siti di tracce fossili mai trovati in Italia.

Una “valle dei dinosauri” sulle pareti di dolomia

Le impronte non sono isolate: molte formano vere e proprie piste, lunghe anche centinaia di metri. Alcune orme raggiungono i 40 centimetri di larghezza e mostrano con chiarezza la forma delle dita e degli artigli. La particolarità è che oggi queste tracce si trovano su superfici inclinate o addirittura verticali, a causa dei movimenti tettonici che nel tempo hanno sollevato e piegato le rocce, trasformando antiche pianure costiere in montagne.
Le orme risalgono al Triassico superiore, circa 210 milioni di anni fa, e sono attribuite a grandi dinosauri erbivori, antenati dei giganteschi sauropodi. Animali dal corpo massiccio e dal collo lungo, che si muovevano in gruppo lungo zone umide e pianeggianti, affacciate su quello che allora era l’oceano Tetide. Un paesaggio radicalmente diverso dalle Alpi che conosciamo oggi.

Un paesaggio tropicale dove oggi ci sono le Alpi

Nell’epoca in cui i dinosauri lasciavano quelle tracce, l’area dello Stelvio non era fatta di creste e ghiacciai, ma di ambienti caldi e costieri. Le orme si sono impresse in sedimenti fangosi, poi solidificati e conservati nel tempo. Il successivo sollevamento delle Alpi ha fatto il resto, portando queste “pagine di roccia” a quote elevate e in posizioni oggi difficili da raggiungere.
Il ritrovamento è iniziato quasi per caso, grazie all’intuizione di un fotografo naturalista che, durante un’escursione, ha notato forme insolite sulla roccia. Da lì sono partite le verifiche scientifiche che hanno confermato l’eccezionalità del sito. La complessità del terreno rende però lo studio tutt’altro che semplice: molte tracce sono accessibili solo dall’alto e richiederanno l’uso di droni e rilievi digitali.

Un lavoro che durerà decenni

Gli studiosi sono cauti: il potenziale scientifico è enorme, ma serviranno anni, forse decenni, per mappare e analizzare in modo completo tutte le piste. Le orme permetteranno di ricostruire non solo le specie presenti, ma anche il loro comportamento, la velocità di movimento e l’organizzazione dei branchi.
La scoperta apre anche una riflessione sulla tutela. Si tratta di un patrimonio fragile, esposto agli agenti atmosferici e al rischio di danneggiamenti. La sfida sarà conciliare ricerca, protezione e divulgazione, trasformando questa straordinaria “valle dei dinosauri” in un laboratorio naturale capace di raccontare al grande pubblico un capitolo poco noto della storia lontana delle Alpi e dell’Italia.

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