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Politica

È l’ora della sveglia per l’Europa

14.10.2023

La fama dell'Apollo era realmente europea e andava incarnando valori di rinnovamento politico, etico e sociale. Museo del Vaticanbo.

Debolezza energetica, disorganizzazione, criticità di confronto. Più che rinascimento, serve un risveglio europeo, consistente ed effettivo, all’altezza quando si tratta di emergenze internazionali. Politica e diplomazia, nonostante gli sforzi e le buone intenzioni, faticano da sempre a produrre risultati nei momenti di grande criticità. L’Italia lungimirante merita maggiore ascolto.

L’Unione Europea continua a fare i conti con le sue piccole frammentazioni, che non qualificano omogenea e solidale azione politica, come sarebbe invece auspicabile. Eppure, di politica e organizzazione comune, condivisa, l’Europa ha bisogno. Ciò che sta accadendo nelle aree geografiche di crisi rischia di tagliare fuori il vecchio continente, ossatura della cultura occidentale, dal peso delle decisioni che inevitabilmente e necessariamente dovranno essere assunte, per riportare in equilibrio gli assetti internazionali, minati dai conflitti locali.

Le tecniche di confronto e le dichiarazioni di rito sembrano non sufficienti a rappresentare la vecchia Europa quando lo scenario diventa turbolento. Il fronte diplomatico, nonostante gli sforzi e le buone intenzioni, non riesce a fare breccia, come forse nel passato, laddove si generano punti critici di instabilità. Che dallo stato latente passano alla fase esplosiva. Con le conseguenze viste prodursi a danno dell’Ucraina, che si credeva protetta dal Protocollo di Minsk del 2014, finalizzato a porre fine al conflitto nel Donbass. La prima conseguenza per l’Europa è stata scoprirsi debole dal punto di vista energetico. Ma anche poco organizzata dal punto di vista dell’aiuto offerto a Kiev nel fronteggiare l’invasione russa dei territori orientali.

Forse bisognava accorgersi, tra le altre cose, che i punti di contatto e frizione in Medio Oriente non avrebbero retto alla prima scintilla, stavolta accesa da un attacco terroristico senza precedenti e la cui genesi è tutta da decifrare, insieme ai risvolti che potrebbero maturare. Né l’Ucraina, coinvolta in una guerra di logoramento, né Israele, che ha vissuto il suo 11 settembre, sono rimasti isolati. Ma è chiaro che l’Europa deve tornare a fare sentire la sua voce, per evitare di subire un lockdown politico virtuale nei propri confini. È prassi che ogni conflitto generi non solo vittime sul campo, ma provochi un rallentamento dell’economia che si traduce in rischio di impoverimento sociale e perdurante stato di allerta.

In questo quadro, l’Italia resta un baluardo di quella politica lungimirante che meriterebbe maggiore ascolto. Lo sta dimostrando in questi giorni, durante i quali si decidono, insieme ai destini del Medio Oriente, anche quelli del Mediterraneo.

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