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Cronaca, Salute

Il vivere in affitto che ci uccide dentro

25.10.2023

Caro affitti, mutui inaccessibili, mercato immobiliare esclusivo e scadenze, un cumulo di ansie che pesa sulle vite di chi non abita in una casa di proprietà, provocando disagi emotivi gravi. La scienza parla addirittura di “invecchiamento biologico” accelerato, nella maggior parte dei casi. Le decisioni politiche privilegiano proprietari e investitori rispetto agli affittuari.

Il fatto che in Italia tra le varie emergenze ci sia anche quella abitativa non rappresenta certo una novità. Da tempo si discute del caro affitti, di un mercato immobiliare sempre più esclusivo ed elitario, dell’inaccessibilità dei mutui per un numero elevatissimo di famiglie e cittadini. Un dato corollario al quale forse non tutti pensano, però, è lo stress emotivo che queste problematiche possono scatenare. E che possono presentare conseguenze anche a livello medico e sanitario.

A metterlo nero su bianco è un recente studio comparso sulle pagine del Journal of Epidemiology & Community Health, secondo cui le persone che vivono in affitto incorrono in un “invecchiamento biologico” accelerato rispetto a chi è proprietario della propria abitazione. A incidere sarebbe in particolare “l’impatto emotivo” di dover onorare ogni mese il versamento del canone di locazione. Secondo i ricercatori, infatti, questo appuntamento a livello psicofisico pesa il doppio rispetto addirittura al fatto di essere disoccupati.

La questione è internazionale, dato che i responsabili della ricerca lavorano per l’Università di Adelaide, in Australia, e per la britannica University of Essex a Colchester. Le loro informazioni si sono concentrate sugli aspetti sociali, ambientali e sanitari di chi vive in affitto. Oltre allo stress di dover rispettare le scadenze con il padrone di casa, infatti, è emerso che anche la cura di un appartamento non di proprietà è spesso meno meticolosa rispetto a quella di chi vive in una casa che possiede. Oltre ai piuttosto frequenti problemi economici (come i ripetuti arretrati), ne sono emersi poi diversi anche a livello ambientale. Come un’esposizione all’inquinamento maggiore rispetto alla media di chi vive a casa propria.

A incidere su tutto questo, quindi, ci sono anche le condizioni di stress e scarsa sicurezza personale a cui sono sottoposti i cittadini che vivono in affitto. Proprio per questo motivo coloro che abitano in alloggi sociali (i cui costi sono decisamente inferiori rispetto a quelli di un normale contratto di locazione) presentano livelli di invecchiamento biologico in linea con chi è proprietario della propria abitazione.

«I risultati della nostra ricerca suggeriscono che circostanze abitative difficili generino un influsso negativo sulla salute. Il risultato è un invecchiamento biologico più veloce. Questo non è però legato alla situazione in sé di essere un affittuario privato. L’origine del problema risiede nelle decisioni politiche, che allo stato attuale privilegiano proprietari e investitori rispetto agli affittuari. Questi impatti negativi potrebbero essere arginati introducendo politiche per ridurre ansie e incertezze legate ai contratti di locazione. Tra essi suggeriamo la limitazione degli sfratti, la riduzione degli aumenti del canone mensile e il miglioramento generale delle condizioni abitative», hanno scritto i responsabili della ricerca. Partita dal Regno Unito e dall’ancora più lontana Australia, ma sicuramente applicabile alla lettera anche sul suolo italiano.

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