21 Novembre 2024
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Lavoro, Sicurezza

Incidenti sul lavoro e dinamiche di “incorporazione”

La questione delle malattie professionali ha delle profondità storiche da far giungere alle radici del nostro stare al mondo. Esige uno sguardo antropologico e sociologico per comprendere le tecniche di utilizzo del proprio corpo, ma anche i modi con cui gli individui, nelle diverse società, lo utilizzano uniformandosi alla tradizione.

Incidenti sul lavoro e malattie professionali sono conseguenze, gravi, che alcuni ambiti occupazionali possono determinare. In tema di infortuni sul lavoro, la relazione annuale che l’Inail fornirà ci darà informazioni più precise, ma dai numeri provvisori diffusi è già possibile stilare un primo bilancio. Al 31 dicembre dello scorso anno le denunce presentate all’Istituto erano il 16,1 per cento in meno rispetto al 2022, passando dalle 607.806 del 2022 alle 491.165 del 2023, ma la riduzione è più contenuta se osservata al netto dei contagi da Covid-19. Più di mille i decessi, con una diminuzione, secondo i dati provvisori, del 4,5. Quindici gli incidenti mortali “plurimi” che hanno visto due o più lavoratori coinvolti. Il rispetto delle norme in tema di sicurezza sul lavoro, l’irrobustimento degli organici dei servizi di vigilanza e una giustizia certa, sono aspetti che concorrono alla cura delle ferite aperte. Ricadute più o meno visibili sulla base dell’ampiezza della “soglia”, tra benessere attuale e futuro, di apertura alle opportunità offerte dalla sottintesa negoziazione della definizione “politica” del concetto di salute.

Le copiose possibilità proposte da Costituzione Italiana e OMS lasciano campo libero alla narrazione di casi che vanno ben oltre l’evidenza. Guardando alla storia, che è anche una storia di consapevolezza e di sapere evoluti nel tempo, resta ancora intenso il senso di inadeguatezza suscitato da vicende come la lavorazione dell’asbesto, o amianto, con ricadute sanitarie osservabili anche a distanza di molti anni. Si fanno i conti con malesseri acquisiti a causa della presenza di contaminanti ambientali o per lo svolgimento di lavori usuranti. Nell’intricato rapporto Uomo-ambiente-salute non sempre è noto come gli effetti che l’esposizione a sostanze utilizzate, ad esempio, in agricoltura, possano rappresentare la fonte di malattie per la specifica categoria. A determinarlo possono essere studi epidemiologici che vadano oltre la salvaguardia dovuta ai dispositivi di precauzione. Se la scrutiamo con uno sguardo antropologico e sociologico, la questione si amplia, interessando profondità storiche da far giungere alle radici del nostro stare al mondo. Il padre dell’etnografia Marcel Mauss scrisse il suo saggio sulle “tecniche del corpo”, i modi con cui gli individui, nelle diverse società, utilizzano il loro corpo uniformandosi alla tradizione. Questi approcci mostrano oggi, ancor più, un processo complesso e dinamico di “incorporazione”. Sono incorporati i malesseri come le “crisi di nervi”, quando si tratta di ribellioni incarnate di condizioni lavorative inaccettabili e quelli legati all’interrelazione tra corpo vissuto, corpo sociale e corpo politico. Aspetti nuovi che attendono parole, ma anche un silenzio fatto di memoria, con la necessità di un sempre più attento e professionale ascolto dell’esposizione e del vissuto di ogni persona.

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