28.03.2024
Elezioni alle porte. I Paesi europei respingono le leggi restrittive a tutela della biodiversità (NRL) per favorire il settore agricolo, dopo mesi di dure proteste contro le riforme ambientali della Politica Agricola Comune.
Il futuro della biodiversità in Europa è a un bivio critico. Le leggi dell’Unione europea mirate al ripristino della natura – nota anche come Nature Restoration Law – sono sull’orlo del collasso, dopo che 8 Stati membri, tra cui Ungheria e Italia, hanno ritirato il loro sostegno. Dopo due anni di lavoro per creare normative volte a invertire decenni di danni alla fauna selvatica e ai corsi d’acqua, la speranza era che queste norme sarebbero state ratificate con una votazione cruciale avvenuta nei giorni scorsi. Eppure, ciò che sembrava essere un passo decisivo per la conservazione ambientale, si è trasformato in un brusco stop, facendo finire su un binario morto l’accordo raggiunto tra Consiglio e Parlamento a novembre scorso.
Ma che cosa avrebbe comportato la legge e perché non si è raggiunta la maggioranza? In breve, la nuova legge avrebbe impegnato tutta l’Ue a ripristinare almeno il 20% delle aree terrestri e marittime entro il 2030, e il 100% degli ecosistemi che necessitano di ripristino entro il 2050. Inoltre, entro il 2030 almeno il 30% degli habitat oggi catalogati come “in stato di degrado” sarebbero dovuti passare a uno stato di “conservazione buono”, con la percentuale che sarebbe dovuta salire al 60% entro il 2040 e al 90% entro il 2050. Contrari Olanda, Italia, Svezia e Polonia, a cui si è aggiunto il no decisivo di Ungheria, che ha fatto pendere definitivamente l’ago della bilancia, mentre Austria, Belgio e Finlandia si sono astenuti.
I leader europei, dunque, con la loro opposizione hanno sostenuto le preoccupazioni degli agricoltori, che in tutta Europa sono scesi in strada a partire da dicembre per protestare contro le riforme ambientali della Politica Agricola Comune dell’Ue. E se l’Italia si è attivamente impegnata nei negoziati per l’accordo sulla legge, il verdetto è stato comunque negativo: «Occorre una maggiore riflessione su come evitare impatti negativi su di un settore, come quello agricolo, che è cruciale per l’economia e la sicurezza alimentare dell’Italia e dell’Ue» ha spiegato Vannia Gava, viceministro all’Ambiente e Sicurezza Energetica.
Ma è una scelta che non risponde solo alla volontà di mantenere i buoni rapporti “storici” con il settore, già complessi e sfociati in proteste a fine gennaio: tra le ragioni di questa opposizione, già evidenziate in precedenza, ci sono le deroghe sulle energie rinnovabili, gli obiettivi di ripopolamento dell’avifauna e la necessità di chiarire e rendere disponibili le risorse finanziari prima dell’entrata in vigore della legge. Insomma, l’NRL avrebbe delle conseguenze economiche significative per agricoltori, pescatori e selvicoltori, perdite che, inevitabilmente, si tradurrebbero in una riduzione di catene di approvvigionamento europee e inevitabili aumenti dei prezzi per i prodotti alimentari. Resta ora da capire se la NRL vedrà di nuovo la luce con la nuova legislatura o se sarà definitivamente chiusa in un cassetto.