25.04.2024
La nostra storia risorgimentale in uno scambio epistolare che evidenzia l’appassionata dialettica tra due patriottismi opposti. Attraverso il carteggio, in parte inedito, tra Carlo e Filippo, il loro discendente Ernesto Maria Pisacane pone i valori tra famiglia, patria, fedeltà, lealtà.
Una storia affascinante e drammatica, legami familiari e ideologie e fronti opposti: sarebbe una sceneggiatura ideale per un film, ma soprattutto per dare luce a un periodo ancora poco sondato della storia d’Italia. Carlo e Filippo Pisacane; due fratelli posti su fronti diversi, ma accomunati da esperienze e affetti che hanno rappresentato l’espressione di “una convivenza di patriottismi”; italiano il primo, in una seconda fase della vita, dopo il 1848; borbonico e fedele al Re, il secondo.
Il volume di Ernesto Maria Pisacane Il racconto di una metamorfosi. Dalle lettere di Carlo Pisacane al fratello Filippo 1847-1855”, curato da Luciano Minieri, presidente Club Lions Napoli 1799, per Artetetra edizioni, con un prezioso capitolo dello storico Carmine Pinto, storico e professore Ordinario presso l’Università di Salerno, “getta una luce nuova su questa pagina tragica e dolorosa del Risorgimento, mostrando come i rivolgimenti politici di quegli anni turbinosi abbiano scosso gli animi e lacerato le coscienze di tanti giovani, di diverse collocazione politica e mettendoli di fronte a scelte drammatiche sul piano pubblico e privato”. Tra le pagine più turbolente, sanguinose e tragiche del nostro Risorgimento e anche tra quelle più studiate, vi è di certo “la spedizione di Sapri” del 1857. Attraverso il carteggio, in parte inedito tra Carlo e Filippo, Ernesto Maria Pisacane, discendente diretto della famiglia, sollecita una riflessione non solo sui valori risorgimentali, le speranze disilluse e quelle talvolta esaudite, ma quel che è più importante pone in evidenza la appassionata dialettica tra i valori di famiglia, patria, fedeltà, lealtà.
Carlo e Filippo erano cresciuti nell’epoca di Ferdinando II, il più importante tentativo di nazionalizzazione della dinastia, segnato dall’esperimento di fondere l’assolutismo dei Borbone con valori patriottici come l’indipendenza e il lealismo dinastico. I due fratelli entrano all’Accademia della Nunziatella; a segnare idealmente Carlo fu la rivoluzione del 1848 che travolse l’Europa. Si ritrovò nel vortice e nel Pantheon risorgimentale di uomini come Garibaldi, Mazzini, ma sempre con al suo fianco l’inseparabile Enrichetta di Lorenzo. Molto si è scritto sullo scontro verbale ed epistolare tra Carlo Pisacane e l’eroe dei due mondi, in merito agli avvenimenti del marzo 1849. “In breve si palesò la differenza fondamentale tra il teorico, il primo, dell’arte militare e fautore della guerra di milizia, ed il condottiero famoso e prode, il secondo esperto della guerra di bande”, scrive Ernesto Maria Pisacane, citando una lettera di Carlo su Garibaldi. Carlo ed Enrichetta, come in una perenne fuga, diventarono icone del nazionalismo romantico, ancor prima della tragica spedizione di Sapri (“Eran trecento eran giovani e forti e sono morti”, recita il ritornello della poesia La spigolatrice di Sapri di luigi Mercantini, composta sull’onda dell’emozione per la morte di Pisacane e dei suoi compagni, vista dagli occhi di una giovane contadina). Fu questa energia che lo spinse ad andare fino in fondo con Mazzini nell’organizzazione dello sbarco nel golfo di Policastro. Eppure, nell’autunno dell’anno precedente, il 1856, l’intelligence del regime borbonico aveva demolito, proprio tra il Cilento e il Vallo di Diano, una rete clandestina, possibile supporto ai “trecento” di Carlo.
Credito fotografico: Flickr, Ilustraciones de la obra: Storia del Risorgimento italiano, il. Edoardo Matania – Milano Fratelli Treves, 1935.