03.07.2024
Le conseguenze di vivere in famiglie separate significano molto anche per l’ambiente. Ne soffre molto l’economia circolare. Di fronte a un fenomeno sempre più crescente nella società contemporanea, ci siamo mai chiesti quale impatto porti sull’ambiente separarsi? Analisi e risposte del presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale.
Gli effetti delle famiglie separate, oltre che sui figli, hanno notevoli ripercussioni negative sull’ambiente, andando a impattare su questioni oggi dirimenti quali consumo energetico, di acqua, di suolo e di altre voci che oramai fanno parte integrante di qualsiasi agenda politica, anche le più refrattarie alle ansie green. Ragioniamoci su, come direbbe Zaia: le famiglie separate richiedono più unità abitative, il che porta a un aumento del consumo energetico totale (riscaldamento, elettricità et cetera). Ma se aumentano le abitazioni, aumentano anche gli elettrodomestici, dalla lavastoviglie alla lavatrice, che, come è noto, ciucciano un bel po’ di energia. Per non parlare poi del consumo di acqua per lavarsi e di gas per cucinare, alla faccia dell’efficienza energetica delle abitazioni.
E se famiglie separate uguale maggiore produzione di rifiuti, allora, come un effetto domino, la separazione delle famiglie comporterà un aumento degli spostamenti, il che si traduce (se non si ricorre al car pooling o ai mezzi pubblici) in un maggiore consumo di benzina o peggio diesel. Una visione apocalittica, infine, coincide con l’idea che la necessità di più abitazioni possa portare a una maggiore espansione urbana, con conseguente aumento del consumo di suolo necessaria alla costruzione di nuove case. E ci fermiamo qui, senza scomodare Francesco Rosi e quel suo famoso film, Le mani sulla città. Le famiglie separate impattano maggiormente sull’ambiente e non fanno star bene nemmeno l’economia circolare, cioè quel modello economico dove i prodotti vengono usati il più a lungo possibile mentre rifiuti e risorse vengono ridotti al minimo, a differenza del modello legato a quello che negli anni ‘80 veniva identificato con il termine consumismo. Ma se le famiglie non esistono proprio? Secondo una ricerca della University College di Londra che compara 446 studi condotti tra il 2012 e il 2022 principalmente in USA, Canada, Nuova Zelanda, Europa ci sarebbe una certa relazione tra le preoccupazioni legate al cambiamento climatico e la propensione a moltiplicarsi: l’eco ansia ci rende poco propensi ad avere figli.
Ma quale sarebbe il risultato se si ampliasse la ricerca dall’Occidente opulento al Sud del mondo? Intanto constatiamo che la stessa preoccupazione green arriva a conclusioni opposte se affrontata dal punto di vista dell’educazione religiosa, cattolica nella fattispecie: lo scorso 15 maggio era la Giornata internazionale della famiglia, celebrazione voluta dall’Onu per riflettere sul ruolo della famiglia nella educazione all’economia circolare. La famiglia ha un ruolo essenziale nel consegnare ai figli una coscienza ambientale ragionevole e positiva, dice Avvenire, il giornale dei vescovi, facendo leva sugli stessi temi affrontati da Papa Francesco nell’enciclica ‘Laudato si’.
Come direbbe Lenin: che fare? Per salvare il pianeta dovremmo fare più figli, come dicono i vescovi, o dovremmo farne di meno, come dicono gli scienziati? Alessandro Miani, presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA), suggerisce che entrambe le posizioni offrono spunti validi: «La scienza ci fornisce dati e previsioni che aiutano a comprendere le implicazioni a lungo termine delle nostre scelte, inclusa la crescita della popolazione. Allo stesso tempo, l’approccio morale e educativo proposto dai vescovi non è da sottovalutare: creare una generazione consapevole e rispettosa dell’ambiente è cruciale per un futuro sostenibile. La scelta tra seguire gli scienziati o i vescovi potrebbe non essere necessaria. Piuttosto, potrebbe essere utile integrare le loro prospettive, adottando un approccio equilibrato che tenga conto delle evidenze scientifiche e del ruolo educativo della famiglia. In questo modo, si può lavorare insieme per costruire un futuro dove la crescita della popolazione sia gestita in modo sostenibile e le nuove generazioni siano ben educate a prendersi cura del pianeta».