17.08.2024
Viaggiare in aereo ha raggiunto un livello di sicurezza 39 volte più alto rispetto al passato. Ogni anno i pericoli di incorrere in un viaggio fatale scendono del 7%. Eppure, un italiano su due continua a vivere male l’idea di viaggiare in aereo. Motivazioni e soluzioni.
L’estate rappresenta per molti l’occasione di concedersi viaggi esotici verso mete lontane, che inevitabilmente bisogna raggiungere in aereo. Un mezzo di trasporto che in pochi decenni è diventato molto più diffuso che in passato, grazie anche alle offerte delle compagnie low cost che garantiscono tariffe impensabili per le generazioni che ci hanno preceduto. Tuttavia, resiste l’aviofobia (oggi più nota come aerofobia): la paura di volare, che tuttora attanaglia circa un italiano su due. Eppure, i dati certificano il raggiungimento di livelli di sicurezza che dovrebbero spazzare via ogni tipo di ansia, o quasi.
Gli universitari del MIT, l’autorevolissimo Massachusetts Institute of Technology, hanno infatti provato a verificare quali siano i livelli di pericolo a viaggiare in aeroplano, sfruttando i dati dell’organizzazione internazionale Flight Safety Foundation. Ciò che è emerso è che nel periodo 2018-2022 il rischio di morte per incidente o attacchi aerei ha raggiunto, a livello mondiale, quello di appena 1 su 13,7 milioni di viaggiatori.
Per capire quanto la sicurezza sia cresciuta nel tempo, basta confrontare queste cifre con quelle del passato. Lo stesso rischio, nel 1968-1977, raggiungeva quota 1 ogni 350 mila. Il che equivale a dire che il livello di sicurezza, da allora, è aumentato di 39 volte. Ma anche negli ultimissimi anni sono stati fatti passi da gigante: basti pensare che il pericolo di morte era di 1 ogni 7,9 milioni di passeggeri solo nel decennio 2008-2017. Insomma: ogni anno i pericoli di incorrere in un viaggio fatale scemano del 7% rispetto ai 12 mesi precedenti.
Va da sé che i rischi non sono completamente cancellati, così come è vero che in alcune zone del mondo (tra cui la nostra Unione europea, ma anche Stati Uniti e Australia) è statisticamente più sicuro viaggiare in aereo rispetto ad altre (come Brasile, Bahrain o la ben più vicina Bosnia). Le differenze sono però ormai divenute quasi impercettibili, con un gap quasi inesistente tra i Paesi in cui si vola abitualmente per turismo da decenni e coloro che si sono affacciati in tempi più recenti a questo tipo di business.
In altre parole: i tempi di Raymond Babbitt, lo straordinario personaggio di Dustin Hoffman in “Rain Man – L’uomo della pioggia”, che rifiutava di salire su qualsiasi aereo di linea americano causa passati incidenti (con la sola eccezione di un improbabile volo Cincinnati-Los Angeles con scalo in Australia), sono lontani e finiti. Come lontano è il 1987, anno in cui si ambientava il film. E le cui statistiche erano decisamente meno rassicuranti rispetto a quelle odierne.
Ciò che resta è la fobia degli aerei, che può essere scatenata dalla paura dell’altezza, della velocità, ma anche dalla claustrofobia, l’agorafobia e addirittura il timore del distacco dalle persone care o dalla propria casa. Ma per contrastarla esistono oggi una miriade di metodi non solo farmacologici, tra cui l’approccio psicoterapeutico. Le statistiche certificano che, da un punto di vista oggettivo, è rimasto ben poco da temere.