20 Settembre 2024
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Cronaca, Economia, Turismo

Non solo mari

17.08.2024

Le aree montane italiane contribuiscono per il 27,7% al PIL settoriale europeo. Crescono i dati sul turismo e l’artigianato lungo la penisola, ma le nostre montagne sono divise tra sviluppo economico e sfide socio-ambientali. Mancano personale e servizi. Nel dettaglio.

I territori montani sono attraversati da dinamiche complesse e delicate, che dipendono dall’assetto geografico, dalle attività economiche e sociali presenti e, negli ultimi decenni, dal cambiamento climatico. Secondo le analisi di Confartigianato su economia e imprese in montagna, il PIL delle nostre aree montane è il più alto in Europa e “contribuisce per il 27,7% al PIL europeo di tali aree”. Molte attività economiche rientrano nel settore dell’artigianato: nel complesso, in montagna si trovano 171 mila imprese artigiane, corrispondenti al 13,5% di questo tipo di imprese su tutto il territorio nazionale. La maggior parte è situata nelle regioni settentrionali e da capofila fa la Lombardia, in cui la presenza di realtà artigiane nelle zone montane è del 33,2%. Nel 2023, in Italia le imprese della montagna hanno generato un fatturato di 313,7 miliardi di euro e il tasso di occupazione è cresciuto di +4,1% dal 2021. Sono in crescita anche i numeri del comparto turistico, «nell’inverno 2023-2024 le presenze sono salite dell’8,2% in Italia, a fronte del +5,2% della media europea». Anche per il turismo estivo i dati sono positivi. L’UNCEM, l’Unione nazionale dei comuni montani, rende noti i risultati di una ricerca condotta da JFC: per i mesi estivi del 2024 sono stimati 538 mila turisti in arrivo, che segnano un +1,7% rispetto agli arrivi dell’estate dello scorso anno. In questo scenario positivo, tuttavia, ci sono svariati elementi di fragilità, che non sono in realtà una novità, ma che piuttosto segnalano l’acuirsi di una situazione complessa e delicata. E lo dimostrano anche i recenti studi di Confartigianato e di UNCEM, che ricostruiscono un contesto insieme di sviluppo e di criticità, quest’ultima derivante da mancanza di infrastrutture e servizi, dallo spopolamento e dal cambiamento climatico.

Sui servizi, si fa rilevante la mancanza di infrastrutture di trasporto adeguate, che provocano difficoltà e disagi negli spostamenti. «Un imprenditore che opera in montagna […] in un anno impiega il 62,7% di tempo in più rispetto ad un imprenditore in area non montana» si spiega nella nota diffusa da Confartigianato. Un disagio che riguarda anche la popolazione turistica: secondo UNCEM, infatti, “il 72% dei turisti chiede servizi adeguati di trasporto”. Rimanendo sul comparto turistico, UNCEM sottolinea anche la necessità di «più servizi e più investimenti per ammodernare le strutture ricettive, visto che il 92% ha bisogno di interventi di ristrutturazione e ammodernamento». Dal punto di vista ambientale, la criticità maggiore è rappresentata dall’innalzamento delle temperature, che fa diminuire le nevicate e la quantità di neve sul territorio, con dirette conseguenze sulle attività economiche, legate soprattutto al turismo invernale. Nel report “Nevediversa”, Legambiente segnala che nell’ultimo anno c’è stata la chiusura temporanea di 177 impianti sciistici (39 in più rispetto al 2023), la presenza di 93 impianti aperti “a singhiozzo” (9 in più), mentre il numero di strutture dismesse sale a 260 (11 in più).
Tra i punti di debolezza, infine, c’è l’incessante fenomeno dello spopolamento. La perdita di popolazione residente è un danno enorme per questi territori, che vivono grazie alla cura e alle attività delle piccole comunità montane, custodi della cultura tradizionale. Confartigianato rileva che dal 2013 al 2023 la popolazione nei comuni di montagna è diminuita del -5,1%, un dato che sale all’8%, secondo UNCEM.

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