30.09.2024
In una forma o nell’altra, il vizio trova sempre un modo per attirarci. Da simbolo di emancipazione e uguaglianza per il genere femminile, ora le sigarette si digitalizzano per coinvolgere i più giovani. Nonostante il calo, in Italia sono ancora in tanti a cadere nella trappola del fumo.
Torches of Freedom. Un famosissimo slogan degli anni Trenta che, ancora oggi, rappresenta uno dei momenti più importanti per l’industria del tabacco. All’epoca, le donne che fumavano non erano ben viste nella società, ma ben presto i grandi produttori capirono che rappresentavano una potenziale parte di mercato. E dunque iniziarono a incoraggiarle a comprare sigarette e fumare, come simbolo di emancipazione e uguaglianza. Perché, all’epoca, questo rappresentavano: gli effetti dannosi del tabacco, ancora, erano sconosciuti. Ma ora sappiamo che non è così. Eppure, oggi sono oltre 10,5 milioni di persone e rappresentano circa il 20,5% della popolazione i fumatori in Italia. Un dato, quello registrato nel 2023, in calo di quasi 4 punti percentuali rispetto al 2022, ma che è ancora sintomo di un vizio difficile da eradicare. Inoltre, se nel complesso è calato il numero di fumatori, sono però aumentate le sigarette fumate: secondo i dati, in media un fumatore consuma 12,2 sigarette al giorno, con un quarto del totale che supera le 20 giornaliere. Un aspetto preoccupante rilevato delle ultime indagini ISS-Explora riguarda il consumo del tabacco tra gli adolescenti italiani: nella fascia 14-17 anni, il 36,6% ha consumato almeno un prodotto a base di tabacco nella settimana precedente la rilevazione. Ancora più preoccupante lo spaccato nella fascia 11-13, dove il 9,6% ha sperimentato l’utilizzo o della sigaretta elettronica, o della sigaretta tradizionale o del tabacco riscaldato.
E proprio questo inserimento nel mercato di nuovi prodotti potrebbe avvicinare gli adolescenti al fumo: le e-cig rappresentano soltanto il 5% del mercato, ma il loro sapore dolce, il loro fumo che non lascia odori addosso e negli ambienti crea facilmente un’attrattiva, e rappresentano prodotti che spesso vengono percepiti come meno dannosi delle sigarette tradizionali. Ma gli studi sugli effetti a lungo termine sono ancora in corso. Dunque, non sappiamo con certezza se siano meno dannose.
In quest’ottica, le sigarette confezionate rappresentano ancora la stragrande maggioranza, e sono consumate dall’81% circa dei fumatori. Solo una parte minoritaria fuma sigarette rollate a mano (11,2%) o utilizza prodotti a tabacco riscaldato (14%). Un vizio dunque, quello del fumo, che è duro a morire, ma che continua a essere una delle principali cause di morte in Italia. Al tabacco, infatti, si stima siano attribuibili oltre 93.000 morti ogni anno. Un numero impressionante, che provoca più decessi di alcol, droghe, omicidi e incidenti stradali messi insieme. Nonostante le campagne di sensibilizzazione. Ma sono davvero sufficienti? O il monopolio di Stato tiene al guinzaglio un sistema che guarda più alle proprie tasche che non alla salute dei suoi cittadini?