8 Ottobre 2024
Milano, 15°

Cronaca, Lavoro

Dilemma mamme

08.10.2024

Il 18% delle donne lavoratrici vive nel limbo che separa maternità e carriera. Decidere di avere un figlio è ancora una scelta esistenziale in termini di reddito e pensione in Italia. E il bonus mamme non soddisfa questa esigenza. Prevale la questione culturale.

Essere o non essere (madri)? Questo è il dilemma”. Una rivisitazione in chiave attuale del famosissimo quesito shakespeariano, che è davvero un gran dilemma per le donne italiane. E a mettere in luce uno scenario preoccupante sono i recentissimi dati elaborati dall’ultimo Rapporto annuale dell’Inps.

Maternità e carriera, nel nostro Paese, ancora non trovano un compromesso: secondo le statistiche, infatti, il 18% delle donne, a un anno dalla nascita del primo figlio, lascia il lavoro. Una percentuale che, per i colleghi uomini, si attesta all’8%. Ancora, solo il 57,8% delle madri con due o più figli minori è occupata: una cifra drammatica, se confrontata con il resto d’Europa. Insomma, in una coppia, dopo l’arrivo di un figlio, la madre è spesso costretta a rinunciare alla carriera, mentre il padre può lavorare tranquillamente per una scalata. Una decisione, spesso presa per necessità e non per volontà, che ha effetti sul breve e sul lungo termine. Da una parte il calo del reddito, che le più “fortunate” vedono diminuire del 16% durante il periodo di maternità, e le “meno fortunate” – le lavoratrici autonome – del 76%. Il che, nel lungo periodo, si traduce in assegni pensionistici più scarni. Se a dicembre 2023 i pensionati erano circa 16 milioni, di cui le donne rappresentavano il 52% del totale, ecco che la fetta di quota rosa del reddito pensionistico era solo del 44%, e minore del 35% rispetto a quello degli uomini.

Ma questa sfida è comune a tutte le donne del mondo: secondo una recente indagine del The Economist, che ha pubblicato un approfondimento sulla motherhood penalty, la “penalizzazione della maternità” a livello globale, in 134 Paesi considerati, il 25% delle donne lascia il lavoro entro un anno dalla nascita del primo figlio, e dopo 10 anni il 15% di queste ancora non è riuscita a rientrare nel mercato.

E i problemi sono simili per tutti: mancanza di sostegno adeguato alle giovani famiglie, assenza di specifiche misure, come per esempio congedi di paternità paritari, assenza di asili nido pubblici e via dicendo. Ma è anche un problema di arretratezza nella mentalità. Perché – soprattutto nel nostro Paese – ci si aspetta che siano prima di tutto le donne a occuparsi dei figli, tanto che, i padri che fanno i padri vengono spesso etichettati come “mammi” o “baby-sitter”. E in un Paese con un governo che punta sulla ripresa della natalità, quello della motherhood penalty è un fattore che non può e non deve passare in secondo piano. E combattere questa disparità a suon di “bonus mamme” potrebbe non essere sufficiente: qui serve una riforma, anche culturale. Perché un padre che gioca e si prende cura del figlio fa il padre e basta. Non il mammo, non il baby-sitter.

Condividi