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Cop29, muro contro muro, il Pianeta aspetta

25.10.2024

Mukjtat Babayev, presidente designato della COP29, nell’atto di firmare i testi finali di nove dichiarazioni e impegni in vista del prossimo vertice sul clima in programma a Baku nel mese di novembre.

Lo scontro tra Occidente e Cina rischia di bloccare i negoziati sulla finanza climatica che ha previsto 100 mld di dollari ai Paesi in via di sviluppo per abbassare le emissioni. UE ferma sulla posizione di mantenere il riscaldamento globale a 1,5 gradi rispetto all’era preindustriale, secondo gli Accordi di Parigi. Panoramica sui preparativi.

Manca poco all’inizio della ventinovesima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che prenderà il via l’11 novembre a Baku, in Azerbaigian. E l’obiettivo della Cop29 è uno: capire a che punto è il mondo nella lotta al cambiamento climatico e decidere come procedere da qui in avanti. Proprio in quest’ottica, a metà ottobre i ministri dell’Ambiente degli Stati membri dell’Unione europea hanno formalizzato la posizione dell’Europa. Nessun passo in avanti rispetto all’incontro di Dubai dello scorso anno, ma l’Ue è determinata a rispettare l’impegno per mantenere il riscaldamento della Terra a 1,5 gradi in più rispetto all’era preindustriale, come stabilito dagli Accordi di Parigi.

Cuore pulsante della Cop29, però, sarà il tema della finanza climatica: i Paesi più ricchi, infatti, seppur con alcune difficoltà, stanno rispettando il proprio impegno di destinare 100 miliardi di dollari per sostenere i Paesi in via di sviluppo nella lotta al cambiamento climatico. Ma, nonostante le pressioni degli Stati più vulnerabili, ad oggi non sono previsti contributi aggiuntivi, nemmeno da parte dell’Ue. Sotto i riflettori anche la Cina, che Europa e Stati Uniti vorrebbero coinvolgere attivamente nello sforzo finanziario, sottolineando come rispetto al 1992, anno in cui la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici fu firmata, la posizione economica del Paese si sia evoluta. E la risposta della Cina non si è fatta certo attendere, con Pechino che ha sottolineato come la maggior parte del surriscaldamento globale sia dovuto all’industrializzazione dell’Occidente.

Posizioni, queste, che sembrano destinate a scontentare i Paesi del Sud globale e che, secondo il Climate Action Network, rischia di bloccare i negoziati, specialmente in mancanza di un chiaro piano per aumentare i fondi pubblici necessari. Altro punto critico riguarda i finanziamenti privati, che se da una parte l’Unione europea vede come complementari a quelli pubblici, dall’altra, però, non fornisce indicazioni in merito. Infine, la questione del taglio ai sussidi alle fonti fossili, passo che l’Ue – e in particolare l’Italia – non è pronta a fare. Quale sarà l’esito della Cop29 è ancora presto per dirlo, perché gli equilibri, ad oggi, sono fragili. Equilibri che, tra l’altro, potrebbero essere stravolti dall’esito delle elezioni americane del 5 novembre, perché con una vittoria di Trump potrebbe cambiare completamente lo scenario. Una cosa, però, è certa: il nostro Pianeta ci sta dando dei segnali, chiari e inequivocabili.

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