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Cultura

Una lettera contro la guerra

20.11.2024

Nella foto, Tiziano Terzani all’Orsigna, 2002.

Giornalista, viaggiatore, ricercatore spirituale, ma principalmente uomo, non si è mai lasciato abbagliare dalle facili seduzioni. Ha sempre mantenuto i piedi ben saldi a terra anche sulle vette dell’Himalaya. “Il mondo è vostro”, così Tiziano Terzani si rivolge ai giovani in un progetto del Teatro Menotti di Milano.

Nella quotidianità, ostaggio di piccole cose che impediscono a tutti di vedere quelle essenziali, Tiziano Terzani invocava di smarrirsi e perdersi per ricercare la via maestra. Tra luci ed ombre, la ricchezza dell’incontro con i propri simili ad ogni latitudine gli aveva regalato la certezza che soltanto dal cuore potessero arrivare le risposte fondanti e disvelare il senso vero di una realtà sfuggente.

Ed oggi, a vent’anni dalla scomparsa, il suo pensiero si cristallizza nella mente di chi le cose della vita non le ha mai ricevute, o di quelle offerte fittiziamente per soddisfare il desiderio del momento, fino a scoprirne la vertigine del vuoto. La scena del Teatro Menotti di Milano, con lo sguardo amorevole di Angela Staude, la moglie, ed Saskia, la figlia, si apre ai giovani con l’invogliante progetto “Il mondo è vostro” (mostra fotografica, cinema e teatro). Avvicinarsi a questo scrittore, giornalista, indagatore dell’animo umano, e pensatore incisivo nell’apparente semplicità, ribalta paradigmi e stantie abitudini mentali. Non tutto è come sembra, e anche il passo terminale dopo una lunga malattia, poteva essere allietato da una fragorosa risata (insolita per lui), a tal punto da invertire il procedere stesso delle stagioni. Sosteneva che «L’inizio è la mia fine e la fine il mio inizio» e che il tempo nella sua ripetitività di fatti, banalità e guerre reiterate, non andasse avanti verso un progresso immaginato (ma inesistente), ma si rigirasse nella sua perenne circolarità.

Nel percorrere una strada piena di insidie (il vero giornalismo), aveva deciso di sfidare luoghi comuni e stereotipi tipicamente occidentali, sempre alla ricerca di una consapevolezza perduta, che non era stato d’animo ma condizione esistenziale. I fatti vanno verificati, le persone vanno conosciute, le storie raccontate. Ed inseguire le tracce lasciate da Tiziano in mezzo mondo come inviato di quotidiani o settimanali, dopo aver avuto l’imprimatur tedesco da parte di Der Spiegel, il primo a intravedere dietro quegli occhi magnetici di fiorentino fiero una visione diversa pronta a recepire segnali anche dall’altra parte del planisfero, significa perlustrare un pozzo di rettitudine e onestà intellettuale da cui attingere la quintessenza di una professione e «fantasia, tenacia, coraggio morale di sostenere le cose» (come ci dice la moglie).

Una missione quella di Terzani circonfusa di letture, libri esondanti, che superava persino la rigorosità di una doppia laurea e l’incipit prestigioso alla Scuola Normale di Pisa. Tiziano voleva viaggiare, scoprire, conoscere. Con tenacia, umiltà e incurante dei rifiuti e delle difficoltà, facendo leva sulle lingue da apprendere, vero passepartout per accedere al cuore delle società e delle culture che avrebbe incontrato. Con dentro l’inossidabile tenacia dell’esploratore aduso a sentire d’essere parte della meraviglia del mondo, senza essere nulla di specifico, ma un tutt’uno con essa. Così fuori dalle accademie e dalle comodità del nord del mondo, a contatto con la natura, come un vecchio veliero che per non inabissarsi si libera della zavorra, riduce all’essenziale i rapporti umani tagliando quelli inutili, ma ricercando la verità altra, altrove.

Zigzagando (con la famiglia), tra Europa, Sud Africa, America scopre il mondo di fuori e quella voglia (contro il profitto, contro il potere) di rimpiazzare la logica della competitività con l’etica della coesistenza. Il fallimento ideologico cinese, il disfacimento russo, la tragedia dei profughi indocinesi, l’invasione della Cambogia da parte del Vietnam (1978), gli attentati dell’11 settembre, il viaggio in Afghanistan, ispirano le Lettere contro la guerra, manifesto pacifista. «La sola rivoluzione possibile è dentro di noi», e Tiziano, fasciato di bianco, sembra ancora sorridere dietro la sua barba patriarcale.

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